Lo strumento del microcredito arriva in aiuto delle famiglie costrette a chiedere prestiti per le spese di casa, per rimborsare i debiti o per pagarsi le cure mediche; o degli imprenditori che, nonostante la crisi o per carenza di alternative, decidono comunque di rischiare e di avviare nuove attività. Nella capitale economica d’Italia sono questi i ritratti delle persone che, non potendo accedere per vari motivi ai circuiti tradizionali del credito, si sono rivolti al progetto “Microcredito Milano” della Fondazione Welfare Ambrosiano.

Dal primo bilancio dell’attività della fondazione emerge una fotografia preoccupante della situazione delle famiglie milanesi nell’anno di crisi 2012: da ottobre ad oggi, nei mesi del default sfiorato e dell’austerity, agli sportelli di Welfare Ambrosiano sono arrivate 350 domande di microcredito. Per un centinaio di persone la pratica si è già chiusa con l’erogazione del prestito; per altri 68 è in corso la valutazione da parte delle banche che supportano la fondazione (oltre all’associazione specializzata PerMicro e a Banca Prossima, storicamente attenta ai progetti di finanza etica, anche le ‘grandi’ Intesa SanPaolo, Banca Popolare di Milano e Banca Popolare Commercio e Industria); le altre richieste sono ancora in fase di accettazione.

La maggioranza delle domande (il 69 per cento) riguarda finanziamenti di ‘microcredito sociale‘, cioè destinati alle famiglie; il restante 31 per cento i prestiti per le imprese. Preoccupano soprattutto i dati sul microcredito sociale: il 24 per cento dei richiedenti dichiara di aver bisogno di credito per pagare spese relative all’abitazione (non solo ristrutturazioni, ma anche affitto, bollette, spese condominiali). Il 23 per cento indica nella richiesta ‘motivazioni diverse’, come spese mediche e difficoltà economiche; il 21 per cento chiede il prestito per estinguere o ridurre debiti contratti in precedenza. Solo il 6 per cento dichiara di aver chiesto il prestito per finanziare la propria formazione professionale, e appena il 2 per cento per pagare la rata del mutuo. Si chiede aiuto, quindi, per supplire alle spese necessarie per la sopravvivenza.

Per quanto riguarda, invece, le richieste per il credito d’impresa, il 47 per cento delle domande interessa l’avvio di nuove attività. Nel 18 per cento dei casi le richieste di credito sono motivate da difficoltà economiche, per quanto non gravi. La crisi non risparmia nessuna categoria, ma i più deboli rischiano concretamente l’esclusione: il 50 per cento delle domande arriva da lavoratori dipendenti, il 27 per cento da disoccupati, il 12 per cento da imprenditori, mentre l’11 per cento da lavoratori con contratti atipici e pensionati.

Particolarmente difficile la situazione delle persone sole: il 48 per cento di chi ha bisogno di un prestito dichiara di essere nubile o celibe, e tra questi una percentuale significativa (21 per cento) comprende donne con figli a carico. Sono proprio questi i soggetti per i quali il microcredito può rappresentare una soluzione: “Oltre al sostegno economico, la nostra iniziativa offre alle persone un luogo dove è possibile non sentirsi soli nelle difficoltà”, spiega Romano Guerinoni, direttore della Fondazione Welfare Ambrosiano. Gli fa eco l’assessore comunale alle Politiche per il Lavoro Cristina Tajani: “Grazie al progetto stiamo riuscendo a offrire risposte concrete a persone ‘non bancabili’, ovvero escluse dal circuito del credito ordinario per mancanza di sufficienti garanzie”.

Una situazione che accomuna le vittime della crisi agli ultimi di Muhammad Yunus, l’economista bengalese che per l’invenzione del microcredito ha vinto il premio Nobel per la Pace nel 2006. Da allora la sua intuizione ha fatto il giro del mondo e in Italia ha trovato terreno fertile. Secondo i dati raccolti dalla Fondazione Giordano Dell’Amore per l’European Microfinance Network, nel 2009 il portafoglio del microcredito in Italia era pari a 13 milioni di euro (11 di erogato): nel 2010 il patrimonio era cresciuto a 21,6 milioni (12,5 di erogato). Numeri che mostrano come la rivoluzione di Yunus si adatti bene ai momenti di crisi, e sia in grado di offrire una via d’uscita concreta a chi si trova più in difficoltà.

di Chiara Merico 

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