“A questo punto vorremmo che la nostra musica ci portasse fuori dalle fabbriche dove lavoriamo”.  Questa esternazione il cantante dei Blastema, la faceva nel 2010 dall’Heineken Jammin’Festival, sullo stage di Rock Tv dopo aver vinto il contest. E anche se le fabbriche il primo maggio saranno chiuse comunque, la rock band di Forlì formata da Matteo Casadei, Alberto Nanni, Luca Agostini, Daniele Gambi e Michele Gavelli, si prepara a rappresentare la Romagna della musica al concertone del primo maggio a Roma e mercoledì 2 maggio al Contestaccio (Roma, inizio concerto ore 22).  Sul palco di Piazza San Giovanni, assieme a Caparezza, gli Afterhours, i Teatro degli Orrori, i Sud Sound System, Dente, e tanti altri, ci saranno anche i Blastema con l’anteprima di Synthami il primo singolo estratto dal secondo album di inediti,  Lo stato in cui sono stato, in uscita il prossimo autunno e prodotto da Nuvole, la casa discografica di Fabrizio De Andrè diretta da Dori Ghezzi.

Trattati da esordienti anche dopo dodici anni di musica, concerti, premi e collaborazioni importanti, il talento e la convinzione che tiene unita la rock band di Forlì dal 1997 pare inizi, finalmente, a riscuotere le rate di un successo arretrato di anni, gli anni che ci sono voluti per pubblicare Pensieri Illuminati, che era pronto da tempo ma che esce nell’aprile 2010.

Pensieri illuminati è un album nato sofferto, partorito un po’ a Como, un po’ a Cesenatico e finito tra sangue e sudore a Forlì –spiega Casadei, il cantante del gruppo-; ha avuto una gestazione sfortunata ma non ci siamo arresi e quello che è uscito alla fine è un album a noi molto caro, ma non propriamente omogeneo, che però essendo fatto di tante discrepanze, di tante imperfezioni a mio modesto parere diventa un bel quadro d’autore, dove si riconosce la pennellata pastosa, dove non è importante la qualità del disegno ma si sente l’intensità, la potenza generatrice di un album che definiamo espressionista”.

Anagraficamente influenzati dagli anni ’90 di Seattle dei Soundgarden, dei Pearl Jam, dei Nirvana e poi dai più melodici Jeff Buckley, Beatles, Radiohead, i Blastema hanno importato tutto in un solo album; il synth protagonista di Pensieri Illuminati convive con le melodie più ruvide di Spero ci sia, e le distorsioni di Canzone da 3 euro con i ricami del piano ne La fine del mondo. Un buon livello strumentale e vocale, testi non esistenziali ma neanche banali, i Blastema funzionano. Definiti la band rivelazione del Mei nel 2005, loro però esistevano già da quasi un decennio. Vincitori di Sanremo Rock senza però riuscire a passare le selezioni per il Festival, un brano, THC, scelto come colonna sonora del video SIAE-Mei, presenze costanti agli appuntamenti acustici alla Fnac, e ancora nessun produttore. Finché al loro progetto si interessa Alain Pagani (produttore di L’Aura e Mistonocivo), e iniziano le registrazioni del nuovo disco. Subiscono il furto degli strumenti musicali ma l’inciampo non arresta le sessioni di recording, appena prima dei dissidi con Pagani e il conseguente distacco. Benedetta Bellotti di 2Roads diviene collaboratrice stabile dei Blastema mentre loro continuano le registrazioni autonomamente, sobbarcandosi la direzione artistica dell’album. Francesco Sarcina delle Vibrazioni li nota, li apprezza ma inizia una collaborazione che termina presto con immutata stima reciproca per cause di forza maggiore, è precisato nella biografia ufficiale della band. Nell’aprile 2010 Pensieri Illuminati viene finalmente alla luce, completamente autoprodotto, quando loro hanno 30 anni e Matteo è sposato con Maya, a cui è dedicata la bella ballad Primavera di Maya. Dopo il sodalizio musicale con Luca Santini della M-Factory parte Pensieri Illuminati tour e il lavoro al nuovo disco.

“Ci dicono che siamo giovani –continua Casadei-, ma in realtà non è vero, il problema è che l’Italia è un Paese per vecchi dove le persone di 30 anni sono considerate giovani ma non è così, perché i dischi si fanno a 23-24 anni, e infatti noi li facevamo, solo che non c’era la possibilità di farli uscire, che è diverso. Ci sono vini che nascono per essere bevuti prima di due anni e vini che li devi depositare perché prima dei dieci anni non vale la pensa aprire la bottiglia. A noi ci ha spinto ad andare avanti la convinzione di essere vini del secondo tipo, e adesso ci togliamo le prime soddisfazioni”, da non esordienti.

di Elisa Ravaglia

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