La morte di Vanessa non è un fatto di cronaca. E’ femminicidio, un’emergenza sociale che nel nostro paese dall’inizio dell’anno ha fatto cinquantaquattro vittime”. Lorella Zanardo, autrice del documentario “Il corpo delle donne”, spiega che quasi ogni due giorni una donna viene uccisa, spesso per mano di un uomo. Un marito, un fidanzato un ex. Che non accetta l’indipendenza della sua compagna, l’idea di essere lasciato e la fine della società patriarcale, dove era lui che dominava e comandava. E secondo il World economic forum, l’Italia si piazza al 74° posto per gender gap a livello mondiale.

“Li chiamano ‘delitti passionali’, ma non c’è nulla di passionale nella morte di una ragazzina di vent’anni che viene gettata in un dirupo”, prosegue l’autrice che con gli studenti nelle scuole affronta il tema di genere. “Manca l’educazione alla relazione. Tanti adolescenti mi chiedono di spiegare la differenza tra pornografia ed erotismo. Imparano il sesso su internet e non sanno che quello non è il funzionamento di un rapporto interpersonale”. Tra Nord e Sud sono poche le differenze, anche se permangono gli stereotipi. “Questa attitudine culturale è trasversale nel Paese. In una scuola di Milano dei giovani di 13 anni mi dicevano che chi fa sesso con tante ragazze è un ‘figo’, ma se una ragazza fa lo stesso è una ‘troia’. Ho chiesto loro perché e mi hanno fatto l’esempio della serratura: ‘Se una chiave apre tante porte funziona bene, ma se una porta viene aperta da tante chiavi è da buttare’. Ecco l’educazione che manca”.  

Un percorso culturale che la Zanardo insieme ad altre associazioni di uomini e donne vuole promuovere insieme ad altre due iniziative. “Vorremmo che per i processi di stupro, gruppi di uomini e donne si costituissero parte civile e che la famiglia della vittima non fosse lasciata sola, come invece spesso accade. Poi, vorremmo parlare al mondo della comunicazione perché non si può mitizzare un femminicidio chiamandolo ‘delitto passionale’. Il voyeurismo non deve entrare nella tragedia”. A questo si aggiungono i giornalisti, che preferiscono “mettere in prima pagina le mutande di Nicole Minetti anziché il dramma di queste giovani donne”. Corpi “deumanizzati”, che si trasformano in oggetti che rendono la notizia “un semplice fatto di cronaca”.

Vista l’urgenza di un costante monitoraggio sulle questioni di genere, la Zanardo e “Se non ora quando” hanno pensato nei prossimi giorni di scrivere a Napolitano per tenere alta la guardia su “un problema gravissimo che va affrontato. Se ad esempio un immigrato in Italia venisse picchiato e gettato da un ponte sono certa che per i quotidiani non si tratterebbe solo di una ‘notizia’. Di certo si aprirebbero dibattiti politici sulla xenofobia degli italiani o l’influenza della Lega. Anche per le donne deve essere così. Chi crede che questo sia femminismo, non ha capito nulla. E’ una questione di civiltà, perché la morte di Vanessa si poteva evitare”.

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