Niente dimissioni per Massimo Calearo, il deputato trasformista passato prima dal Pd all’Api, poi al gruppo Misto e finito nei Responsabili, oggi rinominato Popolo e Territorio. Lo ha rivelato l’Espresso che ha smascherato il bluff del passo indietro, prima annunciato e poi caduto nel nulla. A convincere il parlamentare è stato il capogruppo Silvano Moffa, che temeva lo scioglimento del movimento in cui è confluito l’ex esponente pd.

Classificato da Openparlamento al 589esimo posto su 630 deputati nell’indice di produttività, lo scorso 30 marzo, durante un’intervista a La Zanzara, Calearo aveva dichiarato apertamente il suo assenteismo dai lavori parlamentari. “Dall’inizio dell’anno – aveva spiegato – alla Camera sono andato solo tre volte, anche per motivi familiari. Rimango a casa a fare l’imprenditore, invece che andare a premere un pulsante. Non serve a niente. Anzi, credo che da questo momento fino alla fine della legislatura non ci andrò più”. E sullo stipendio percepito a Montecitorio aveva aggiunto che gli serviva “per pagare il mutuo”.

Parole che avevano suscitato molte polemiche e a cui il deputato aveva reagito annunciando le dimissioni: “La settimana prossima – aveva detto – vado a Roma dal mio capogruppo e poi me ne torno a casa a fare l’imprenditore”. Nei giorni successivi, però, aveva deciso di tornare a presenziare alle sedute alla Camera e del ritiro a vita privata non ha più parlato. Ma il capogruppo Silvano Moffa lo difende: “Calearo è una persona molto seria e sa da solo come comportarsi. Ci siamo sentiti per telefono e gli ho solo detto di riflettere, invitandolo a continuare a svolgere la sua funzione di parlamentare”. Moffa spiega che la sua levata di scudi è “tutt’altro che disinteressata, visto che con la defezione dell’imprenditore il gruppo di Popolo e Territorio sarebbe sceso a quota 22 deputati, a rischio scioglimento”.

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