La protesta del gruppo femminista 'Femen' a Kiev

Cento giorni alle Olimpiadi di Londra, poco più di un mese agli Europei di calcio in Polonia e Ucraina. Scorpacciata di sport e pallone annunciata, ma anche scorpacciata di sesso a pagamento. Sì, perché dagli studi di alcune associazioni sul traffico di esseri umani e sulla prostituzione, precisamente la canadese Buying Sex is not a sport (Il sesso a pagamento non è uno sport) e la francese Fondation Scelles, risulta che con i grandi eventi sportivi aumenta a dismisura la richiesta di rapporti a pagamento e di conseguenza il numero di prostitute.

“Ogni volta che si organizza un mega evento – è il commento di Michelle Miller di Buying Sex is Not a Sport – la domanda cresce. Gli uomini che sono lontani dalle loro reti sociali godono di un certo grado di anonimato e sicurezza ed è quindi probabile che scelgano il sesso a pagamento”. Spaventosi a tal proposito i dati relativi al fenomeno: le autorità greche segnalarono che in occasioni delle Olimpiadi di Atene del 2004 il traffico di esseri umani a scopo di prostituzione subì un’impennata del 95 per cento. Impossibile, poi, dimenticare le polemiche durante i mondiali di Germania 2006, quando nei pressi degli stadi furono inaugurati diversi “sex center”. In quell’occasione Amnesty International denunciò che circa 30mila tra donne e ragazzine furono costrette a prostituirsi.

Così a Vancouver, durante le Olimpiadi invernali del 2010, le organizzazioni criminali mandarono in terra canadese diverse prostitute, tanto da scatenare la reazione di associazioni come l’Esercito della Salvezza, che si attivò in una campagna pubblicitaria dai contenuti molto forti, con immagini di donne picchiate e insanguinate, per sensibilizzare sul tema. Stesso anno, stesso trend: in Sudafrica, durante i Mondiali di calcio, il numero di prostitute aumentò di 40mila unità. E da un’inchiesta della polizia locale sul fenomeno emerse un quadro agghiacciante: donne che con l’inganno venivano portate nel paese africano, drogate, private dei documenti e costrette a stare in strada.

Facile dunque prevedere che in Polonia e Ucraina il business del sesso a pagamento subisca una vera e propria impennata. Le attiviste di Femen, gruppo femminista che protesta in topless, da vari mesi infatti stanno denunciando il problema, interrompendo cerimonie e manifestazioni sportive usando lo slogan “L’Ucraina non è un bordello”. Problema che rischia di assumere anche dimensioni drammatiche, visto il pericolo HIV: in Ucraina, stando ai dati del 2007, sarebbero 50mila le persone affette dal virus, e il 48 per cento delle prostitute ha dichiarato di non usare precauzioni con i clienti. Dati che accendono il dibattito, c’è chi propone la legalizzazione, anche temporanea, della prostituzione come il pugile campione del mondo Wbc Vitali Klitschko: “Le strade ucraine sono piene di prostitute e ubriaconi, e le conseguenze di questo durante gli Europei potrebbero essere scioccanti. Con la legalizzazione non sarebbe così”.

Quantomai intenzionati a porre un argine al fenomeno anche gli inglesi. In vista delle Olimpiadi il Comune di Londra si è attivato, utilizzando un’apposita unità della polizia metropolitana per chiudere vari strip club, “house boat” sul Tamigi e bordelli. Azione di contrasto al turismo sessuale e al traffico di esseri umani avviata anche in Brasile, in vista dei Mondiali del 2014 e delle Olimpiadi del 2016. Qui, oltre alla prostituzione ‘random’, c’è anche il problema ben più grave di quella minorile (sarebbero 500mila le vittime), per questo il ministro del Turismo del Paese sudamericano, Gastao Vieira, ha lanciato un pacchetto di misure antiprostituzione e antipedofilia, con lo slogan “I bambini non sono un’attrazione turistica”. Un messaggio rivolto anche e soprattutto agli italiani, visto che i nostri connazionali si trovano ai primi posti nelle classifiche del turismo sessuale rivolto ai minori nello stato sudamericano.

Se, come documentato, sono molte le persone che arrivano agli eventi sportivi per le prostitute, c’è anche qualcuno che ci arriva grazie alle prostitute. E’ il caso di Logan Campbell, professionista neozelandese di Taekwondo, che per finanziare la sua carriera di sportivo aveva pensato bene di iniziare a gestire un’agenzia di escort. Dopo le proteste della sua federazione, però, l’agenzia è stata venduta. Per contrastare il fenomeno si è attivato anche il Parlamento Europeo, promuovendo, qualche anno fa, una campagna dal nome significativo: “Cartellino rosso alla prostituzione forzata durante gli eventi sportivi”. Squalifica a un fenomeno squalificante, non fa una grinza.

Articolo Precedente

Caso Morosini: nessuno ha utilizzato i tre defibrillatori presenti allo stadio di Pescara

next
Articolo Successivo

Caso Morosini, oggi i funerali. Indagini: sequestrati i defibrillatori dell’ambulanza

next