In questa storia di fondi neri e milioni di euro trafugati dalle casse della Fondazione Maugeri non ci sono solamente complicate triangolazioni societarie e corposi conti esteri aperti in paradisi fiscali. Sì perché questa è anche una storia di lobby e parole. Quelle che ad esempio spende Costantino Passerino, direttore amministrativo della fondazione, per fare pressione direttamente sul presidente Roberto Formigoni.

Pressioni su Formigoni

Sul piatto ci sono i rimborsi regionali. “Rimborsi – spiega Passerino – che per la Maugeri devono essere maggiorati del 18% visto che i nostri sono istituti a carattere scientifico”. La regola non sempre viene rispettata. Motivo per il quale, negli anni, sono partiti diversi ricorsi al Tar. Tutti, regolarmente, persi. Ecco allora, il lavoro di lobby e l’idea di portare la Regione davanti al Consiglio di Stato. Passerino ne parla con il faccendiere Pierangelo Daccò. “Mi permisi di dirgli: di’ al tuo capo che vi facciamo saltare la legge 31”. A quel punto l’altro lo tranquillizza “dicendo che il problema era all’attenzione del Presidente”. E ancora: “Daccò mi prospettò l’imminente emanazione di provvedimenti normativi generici che avrebbero riguardato gli Enti non commerciali nel settore sanitario”. Conclusione: “Grazie a tali provvedimenti la Fondazione Maugeri beneficiò di finanziamenti per 30 milioni di Euro”. La Fondazione, con sede legale in Pavia, opera nelle aree della medicina del lavoro e della medicina riabilitativa, attraverso strutture di assistenza sanitaria dislocate in diverse regioni, tra cui, in particolare, la Lombardia dove è presente a Milano, Montescano (PV), Pavia, Lissone, Lumezzane (BS) e Tradate (VA).

Parole, dunque. Tradotto: lobbysmo. Non corruzione. Perché Passerino, finito in carcere il 13 aprile 2012 assieme ad altre cinque persone, sentito nel novembre scorso (allora come semplice testimone), precisa: “Mi si chiede se la Fondazione Maugeri abbia mai liquidato fatture emesse da Daccò per tali intermediazioni e rispondo no”. Eppure, quando a novembre il faccendiere vicino a Cl finisce in carcere, Passerino inizia “a raccogliere documentazione per dare giustificazione ai pagamenti effettuati a Daccò e per predisporre una linea difensiva”. Fa di più: “prepara la sua latitanza” e corre in Croazia “per trasferire lì somme di denaro e altra documentazione che evidentemente ha inteso sottrarre alle indagini dell’autorità giudiziaria”. Qui, infatti, accredita 500mila euro presso un conto aperto alla Zagrebacka Banka. E tanto per essere più sicuro distribuisce “ai suoi principali interlocutori schede di telefonia mobile croate”.

“Un allarmante fenomeno criminale”

Per comprendere tanto affanno da parte di Passerino bisogna ripercorrere le 88 pagine di richiesta di custodia cautelare firmata dai pm. E il cui incipit, fin da subito, appare decisivo. L’accusa parla di “un allarmante fenomeno criminale” che coinvolge i vertici della Fondazione Maugeri, ma anche “soggetti esterni a tale struttura ma con interessi, relazioni politiche e d’affari nell’ambiente della sanità e della pubblica amministrazione”. Tra loro c’è Pierangelo Daccò, ma anche l’ex assessore regionale Antonio Simone, entrambi vicinissimi a Formigoni. Sul primo valgono sempre le parole di Passerino: “Daccò – spiega ai magistrati – è un personaggio con cui chi svolge attività nel settore sanitario in Lombardia deve avere relazioni perché è risaputo che ha moltissima influenza nell’Assessorato alla Sanità ed è un uomo molto importante in Comunione e Liberazione in particolare per i suoi rapporti con il Presidente della regione Lombardia”. La vicinanza tra Simone (anche lui arrestato il 13 aprile) e il governatore viene assicurata dall’ex politico Dc. “Nel 1995, quando Roberto Formigoni è stato eletto Presidente della Regione, ho considerato definitivamente conclusa la mia attività politica, in quanto uno strettissimo legame personale mi vedeva vicino a Formigoni con il quale avevamo condiviso l’attività nel Movimento Popolare e non volevo mescolare i profili personali con quelli politici”. Parole, si diceva. Trasformate in accuse penali grazie al lavoro della procura che in questi mesi ha compulsato conti correnti inseguendo il percorso del denaro. E fissando un primo punto d’approdo: buona parte dei fondi neri, usciti dalle casse della Maugeri, finiva nelle società di Daccò e Simone. Mistero, per ora, su quale fosse la destinazione finale.

Valanga di milioni

Ad oggi si sa di 75 milioni di euro, a partire dal 2004. Un tesoretto che potrebbe aumentare esponenzialmente. La procura, infatti, sospetta che il sistema sia ancora più antico. All’orizzonte un valanga di milioni, quasi tutti, “formalmente giustificati nella contabilità della Fondazione da contratti di consulenza e relative fatture”. Tutti irrimediabilmente “falsi e costruiti al solo fine di fornire una causa apparente a quelle che si sono rivelate essere appropriazioni senza titolo di somme di danaro”. E se Daccò è il referente principale, un ruolo decisivo spetta a Simone e a Giancarlo Grenci, “socio di Norconsulting Sa, con sede in Lugano, responsabile della costituzione e del funzionamento di numerose società estere di comodo”.

Il sistema: consulenze false, yacht e vini pregiati

Esemplare l’episodio che riguarda la società di diritto austriaco M.T.B. GmbH, direttamente riferibile a Daccò. Questa nel 2008 incassa oltre 13 milioni di euro di consulenze bonificati sul contro corrente della Erste Bank. Tutte sottoscritte dal presidente del cda Umberto Maugeri da ieri ai domiciliari. Il denaro, incassato da Daccò, viene girato, inizialmente, sul conto inglese della Dp Consultant Llc (sempre riconducibile a Daccò) “per poi essere disperso su numerosissimi conti esteri (molti dei quali accesi in Portogallo, a Madeira) gestiti da Grenci e, in parte (per un ammontare di oltre 2 milioni di Euro), fatto pervenire su conti riferibili ad Antonio Simone”. In totale sui conti della M.t.b. passeranno 27 milioni di euro. Ufficialmente è denaro pagato dalla fondazione Maugeri per prestazioni fornite. Eppure “gli unici costi di rilievo sostenuti da M.T.B. riguardano l’acquisto, l’assicurazione e la gestione di una imbarcazione per circa 4.000.000 di euro, nonché l’acquisto di vini per il complessivo importo di 350.000 euro”. Sono decine gli episodi ricostruiti dalla procura . Tutti gli affari, poi, venivano pianificati nello studio di Daccò in via Bandello 20 a Milano, ma anche in corso Sempione nella redazione del settimanale Tempi.

“Io con loro mangio”

Il 26 gennaio scorso, sentito dai magistrati, Giancarlo Grenci rivela il cambiamento di rotta dell’associazione. “Mi dissero che non avrebbero più fatturato direttamente come Fondazione Maugeri ma che avrebbero utilizzato altri soggetti al fine di trasferire a Daccò denaro a lui dovuto”. Grenci non sembra d’accordo e in quel frangente viene ripreso dallo stesso Daccò: “Mi disse che dovevo smetterla di far questioni con i suoi clienti in quanto ‘io con loro ci mangio’”.

Nuove strade: società schermo

A questo punto la palla passa direttamente a Passerino e al suo braccio operativo Giancarlo Mozzali, anche lui arrestato. Si decide così di istituire una sorta di sub-appalto. Da qui in poi commesse o consulenze non verranno più affidate direttamente a Daccò, ma a società intermedie. Tra queste c’è l’International Centre for Research in Biomedicine Asbl (I.c.b.) con sede in Lussemburgo. I.c.b. risulta tra i principali partner della Fondazione. Della lista fa parte anche la Medical Trials Analysis Sa con sede in Lussemburgo. Nel 2006 la Mta ottiene un contratto con Maugeri per tre milioni di euro. Annotano i magistrati: “Nel periodo compreso tra il 26 luglio 2005 e il 22 febbraio 2007, M.T.A. ha effettuato pagamenti in favore di M.T.B. per complessivi Euro 4.304.00,00”.

Obiettivo: l’ospedale San Giuseppe

Qual è, invece , il rapporto tra Daccò e Simone? Grenci non ha dubbi: “I due sono soci”. Il passaggio di denaro viene, comunque, mascherato con contratti di consulenza. “I contratti servivano a trasferire denaro proveniente dalle attività di Daccò a Simone”. E ancora: “Non mi risulta che Simone abbia svolto alcuna attività per Daccò o sue società. Inoltre, sempre secondo Grenci, l’ex assessore “ha partecipato ad alcuni incontri, a Lugano, per pianificare le operazioni oggetto dei trasferimenti di denaro con Fondazione Maugeri”.

A sostenere i passaggi di denaro sono i cosiddetti “conti rubrica”. Fino ad ora la procura ha avuto accesso a due conti aperti presso la banca Banif di Madeira, intestati a Dulces Investments e a Genial Investiments. Su entrambi, dal 2005 al 2011, passano 21 milioni di euro. Mentre, tra il 2006 e il 2009, da questi conti partono due milioni di euro. Destinazione: Cetinblew Investiment Sa. Il denaro serve a foraggiare le casse della Hospitality. Si tratta di una srl partecipata da due società lussemburghesi. Dirà Simone: “Una è mia ed una è di Daccò”. L’Hospitality, inoltre, viene costituita per assumere la gestione dell’ospedale San Giuseppe di Milano. Per i magistrati, il particolare è decisivo perché “fa emergere il ruolo di Simone il quale, oltre a compiere operazioni volte ad ostacolare l’identificazione della provenienza delittuosa delle somme allo stesso trasferite, nei reimpiega una parte in iniziative commerciali riferibili a lui ovvero a Simone e Daccò”.

Insomma ad oggi c’è già molto. Eppure il sospetto che per chiudere il cerchio manchi ancora qualcosa. Ad esempio a cosa servivano i soldi versati a Simone? A chi erano destinati? E poi sono proprio tutti o c’è dell’altro?

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