Un milione e 426 mila spettatori, 5, 62 percento di share: un buon risultato per Draquila, andato in onda lunedì in prima serata su La 7. “Cinema viscerale”, lo definì Le Monde, che assurge a “dossier corposo che fa drizzare i capelli”. Due anni dopo la sua anteprima (5 maggio 2010), la pellicola di Sabina Guzzanti suscita un altro effetto: lo sbigottimento.

La scossa che distrusse L’Aquila avvenne alle 3. 32 del mattino del 6 aprile 2009; il G 8, l’ 8 / 10 luglio 2009; l’avviso di garanzia a Bertolaso, il 10 febbraio 2010. Le dimissioni di Silvio Berlusconi, il 12 novembre 2011: cinque mesi fa, eppure sembrano passati secoli. Guardando Draquila, veniva da (ri) chiedersi: sotto quali sostanze psicotrope eravamo? Chi ci ha ridotto così? Pareva di rivedere i vecchi filmati dell’Istituto Luce, con la mascella di Mussolini non meno caricaturale della gestualità. Come si po-tè dar credito a quel dittatore ridicolo?

Forse il merito maggiore del Governo Monti, o piuttosto uno degli effetti della crisi, è avere trasformato – per contrasto – il repertorio berlusconiano in documentari stanchi su fossili orribili. I dinosauri Santanchè sono pronti a risorgere come fenici fameliche, ma la percezione che si ha di loro è nitida: Commodore 64 difettati nell’era dell’iPad. Alcune sequenze mettevano imbarazzo. Berlusconi che chiede ai bambini se è il Premier migliore del mondo, loro che rispondono “Sìììììì” e lui che promette di far votare anche i minorenni (meglio se ragazze). Ancora Berlusconi che chiede chi è che gli sta toccando “il culo” (nessuno: era il subconscio erotomane). Sempre Berlusconi che, avvicinandosi a un cantiere, chiede: “Ma le donne dove sono? Tutti gay? La prossima volta che vengo a trovarvi le porto io le veline, eheh” (e gli operai ridono). Davvero gli italiani hanno idolatrato un simile avanzo del Drive In?

E poi Bertolaso acclamato da grandi e piccini, quando il Premier spergiura che lo farà “ministro” (come ogni buona promessa berlusconiana, non è avvenuto). E le interviste ficcanti di Bruno Vespa, e gli editoriali tragicomici di Minzolini. Nani e ballerine che danzano sulle macerie. Teatro degli orrori. Ritorno al passato, più che al futuro, a bordo di una De Lorean sadica. Grazie a Draquila si è riascoltato il dialogo tra gli imprenditori Piscicelli e Gagliardi (“Io ridevo stamattina alle tre e mezzo dentro al letto”, “Io pure, va buo’, ciao”). Si è ricordato quando il ministro Bondi – sì, è stato ministro – disse che per protesta non sarebbe andato a Cannes (e nessuno lo aveva invitato). Si è riscoperto come quel disastro – 308 vittime, oltre 1600 feriti, 65 mila sfollati e più di 10 miliardi di euro di danni – servì da propaganda. Draquila, oggi, è uno specchio che sembra riflettere estranei. Che però estranei non sono.

Il Fatto Quotidiano, 11 Aprile 2012

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