È online dal 4 aprile uno spot contro la pirateria digitale prodotto da Fimi Confindustria, assieme a Cci (Confindustria Cultura Italia), Fpm (Federazione Antipirateria), Fa (Federazione degli Autori) e la Siae (Società Italiana Autori e Editori).

In un ambiente buio in cui si intravede uno specchio, appaiono uno dopo l’altro, a malapena illuminati da un lato, i mezzi busti di Franco Battiato, Caterina Caselli, Ludovico Einaudi, Mario Lavezzi, Mauro Pagani, Gino Paoli, Enrico Ruggeri, Ron e Roberto Vecchioni. Tutti ci guardano di tre quarti e dall’alto in basso, con la faccia serissima: alcuni esprimono preoccupazione (Lavezzi, Ron, Einaudi), altri una tristezza angosciante (Vecchioni, Paoli, Battiato), altri ancora si abbandonano a smorfie di disprezzo e sorrisetti beffardi, come se stessero per fregarci (specie Caterina Caselli e Ruggeri, ma pure Ron e Pagani ci cascano).

A rendere ancora più funeste le loro facce, ci si mettono i primissimi piani sulle mani: dita nodose e vene in evidenza, tamburellano sul bracciolo, s’intrecciano, si sfregano l’un l’altra, si adagiano come prive di forza, o torturano un’arancia. Già, l’arancia: in mano a Caterina Caselli, è unica nota di colore in tutto lo spot. Ma hai voglia di ripeterti che è un’arancia: in quel buio, con quella faccia, pare la mela della matrigna di Biancaneve, altro che arancia.

E mentre i big ci scaricano addosso le peggiori emozioni, a turno pronunciano frammenti di un discorso apocalittico contro la pirateria digitale: «… sta distruggendo l’industria culturale», «… uccide il mondo della creatività e della fantasia», «… l’intera industria culturale è destinata all’estinzione se non si fermano i siti pirata».

Morte, distruzione, catastrofe. Un’atmosfera talmente lugubre, che l’unica nota positiva, quando la Caselli dice «Noi siamo per la rete libera» e Vecchioni rincalza «Crediamo che la rete rappresenti uno straordinario strumento di conoscenza» chiedendo un web «gestito da persone oneste», non pare vera, non ci si crede. Come possono quelle facce luciferine farsi portavoce di valori positivi come la libertà, la conoscenza, l’onestà?

«La pirateria digitale è il Male», immagino fosse il messaggio dello spot nelle intenzioni degli autori (Qui i credits). In realtà ci dice che quei signori sono terribili e ce l’hanno pure con noi. Al punto che, per liberarci di cotanta negatività, ci viene subito voglia di piratare un po’ di musica. Così, tanto per darci una botta di vita.

Qualcuno, più ottimista di me, pensa che lo spot non voglia dissuadere i reali o potenziali pirati, ma sia strategicamente rivolto «… ai nostri policy maker: a quella banda di ultra-sessantenni che governa le sorti del nostro paese e che non sa cosa sia un download o una rete p2p, ma sa chi è Lavezzi e ricorda Caterina Caselli quando ancora chiedeva “Perdono” certa che nessuno la potesse giudicare» (Carlo Blengino, I Grandi Autori e la pirateria digitale).

Ma io penso, più semplicemente, che i big della canzone e i loro committenti si stiano solo parlando addosso, come fanno i peggiori comunicatori in Italia. Non vedo strategia insomma, solo autoreferenzialità. E vedo pure un bel po’ di sciocchezze in ciò che dicono, come hanno osservato Fabio Chiusi (Quello che lo spot contro la pirateria non dice) e Angelo Ventriglia (Il funerale della musica). E come continueranno a notare in molti, visto che lo spot si sta guadagnando solo critiche e dissenso.

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