Embrioni: prima di Roma, ci fu Milano. Dove, nell’ormai lontano maggio del 2007, un “black out” della corrente elettrica negli incubatori nel Centro sterilità del presidio ospedaliero “Macedonio Melloni” avrebbe causato la morte di tre embrioni. È la tesi alla base della causa civile intentata da una coppia del capoluogo lombardo che stava seguendo il percorso di fecondazione assistita contro l’azienda ospedaliera. A Roma nel frattempo il senatore Pd Ignazio Marino ha chiesto ai carabinieri del Nas “di acquisire i documenti necessari a chiarire quanto è accaduto” al San Filippo Neri dopo l’incidente che ha causato la perdita di 94 embrioni, 130 ovociti e cinque campioni di liquido seminale per un guasto all’impianto d’azoto. La procura di Roma ha aperto un fascicolo, e Marino, presidente della commissione d’inchiesta sul Servizio sanitario nazionale, vuole capire “se siano state in rispettate tutte le disposizioni sulla sicurezza e la gestione della crioconservazione”.

Marino, cosa potrebbe emergere? Per ora il quadro è frammentario.

Già. Mi interrogo, ad esempio, su come possa essere accaduto che non sia stata monitorata in maniera totale un’attività che evidentemente lo richiede, soprattutto per alcuni parametri come quello della temperatura o del livello dei contenitori di azoto. Immagino ci fosse un sistema di allarme locale collegato ai contenitori di conservazione di embrioni e ovociti, nonché un sistema di allarme remoto, un po’ come succede per gli antifurti di casa. Quello che è accaduto è un fatto di una gravità inaudita. L’Air Liquide, l’azienda che fornisce l’ospedale San Filippo Neri di azoto liquido, fornisce assistenza al 90-95% dei centri Pma (procreazione medicalmente assistita, ndr) italiani, privati e pubblici. Di fatto, un monopolio privato, legato alla dimensione di questa multinazionale francese che fattura nel mondo 14 miliardi l’anno e che si occupa di sanità a tutto tondo.

L’incidente poteva essere evitato?

Non capisco come attività che riguardano la sanità non richiedano in Italia quel meccanismo che esiste invece in molti altri paesi per cui si richiede l’accreditamento della struttura a monte, con la verifica di tutte le caratteristiche tecnologiche necessarie a garantire sicurezza, efficienza ed efficacia al paziente.

In Italia non è previsto niente di simile?

L’unica attività che lo prevede è la chirurgia dei trapianti. Ecco perché il 23 dicembre 2009 ho depositato il ddl 1954: l’idea che ho è quella di un’agenzia, il Garante della salute, che verifichi tutti i requisiti necessari a inizio attività. E che poi effettui ulteriori verifiche ad attività iniziata, a intervalli regolari ma non annunciati, per garantire standard di qualità. Non è una mia invenzione: succede in quasi tutti gli altri paesi.

A che punto è il suo ddl?

Col governo Berlusconi è rimasto fermo: l’esecutivo riteneva che i sistemi di controllo fossero già sufficienti.

E col governo Monti?

Il ministro Balduzzi può forse condividere l’idea di un’agenzia di verifica, slegata dalla politica. Non sono però convinto, con meno di un anno di lavoro davanti, che un progetto del genere sia realizzabile in questa legislatura. Per la fecondazione assistita questo esecutivo credo voglia tenersi distante da discussioni su tematiche eticamente sensibili. È una mia supposizione. Certo è che il giorno successivo alla caduta di Berlusconi il ddl sul testamento biologico è stato, ad esempio, archiviato. Ed è altrettanto certo che su questi temi sia necessario il dibattito parlamentare. Di un Parlamento, però, non più di nominati ma eletto liberamente dai cittadini.

Nel frattempo?

Per la Pma, dobbiamo attendere che la Consulta si pronunci sull’ultimo quesito in merito alla liceità o meno della fecondazione assistita eterologa. E poi non vedo altra strada che quella di ricomporre il mosaico ormai frantumato della legge 40 con una nuova legge. Il lavoro della magistratura ha dimostrato come moltissimi principi cardinali di quella legge siano stati di fatto cancellati perché anticostituzionali.

E sui sistemi di controllo?

Ci sono, ma sono frammentati. Manca soprattutto il vincolo di legge di verifica prima dell’inizio di un’attività, fatta eccezione come dicevo per la chirurgia dei trapianti. In più il Lazio è l’unica Regione che non ha mai ottemperato alla richiesta di autorizzazione dei 51 centri di fecondazione prevista dalla legge.

Doveva succedere la tragedia per una svolta?

Il lavoro delle procure, dei magistrati, della commissione di inchiesta e dei Nas è importantissimo. Ma sono attività che arrivano quando il dramma ormai è avvenuto. L’Air Liquide ha stabilito di iniziare nel 2004 l’attività di Pma e ha comunicato alla regione l’inizio attività e i suoi requisiti. Da allora sono passate tre amministrazioni regionali: e nessuna ha fatto i controlli. Dopo l’incidente al San Filippo Neri leggiamo ora che la Polverini sta “formando gli ispettori”. Converrebbe forse che chiedesse all’Istituto Superiore di Sanità o ad altre regioni di darle il personale adeguato per fare l’accreditamento.

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