Roberto Libertà e il padre Umberto Bossi

Piccoli Bossi crescono. Il giudice di pace di Gavirate oggi ha condannato Roberto Libertà Bossi, figlio ventunenne del senatùr Umberto e fratello minore di Renzo, per aver lanciato gavettoni alla candeggina contro un militante di Rifondazione comunista, Luigi Schiesaro (classe 1963). I fatti risalgono al marzo del 2010, nel pieno della campagna elettorale per le regionali.

L’ultima sera prima del silenzio elettorale, alcuni attacchini del Prc erano andati ai tabelloni elettorali di via Garibaldi, a Laveno Mombello, in provincia di Varese, per sostituire i manifesti strappati e quelli coperti. I tabelloni erano infatti stati completamente occupati dai manifesti del Carroccio e non c’erano più spazi a disposizione. Così i simpatizzanti di sinistra hanno iniziato a toglierne qualcuno. Mentre erano all’opera si è avvicinata loro un’auto da cui sono stati insultati che, dopo aver compiuto due giri di perlustrazione, è passata una terza volta davanti agli stessi tabelloni. Chi era a bordo ha iniziato a lanciare gavettoni caricati con della candeggina e uno di questi ha colpito al volto Luigi Schiesaro, rischiando anche di provocargli delle lesioni. In quel momento nessuno tra i suoi compagni aveva ancora intuito chi fosse l’autore del gesto ma tutti avevano pensato si trattasse di un leghista. E qualche minuto più tardi  sono sorti i primi dubbi.

La cittadina, infatti, è stata blindata da pattuglie di forze dell’ordine. Carabinieri e polizia si erano messi proprio sulle tracce dei militanti di Rifondazione, rei di aver attentato all’incolumità del misterioso leghista. Schiesaro e i suoi compagni di sventura sono stati portati in caserma, dove sono stati trattenuti tutta la notte e dove dicono di non aver avuto la possibilità di denunciare l’accaduto. Nel tentativo di difendersi dai gavettoni e mettere in fuga l’auto dei leghisti Schiesaro aveva lanciato loro l’asta della bandiera che aveva con sé, colpendo la carrozzeria dell’auto. Tanto è bastato per far gridare all’attentato e poco importa se si trattava solo di un tentativo di difedersi da un attacco. Il mattino successivo Schiesaro è uscito dalla caserma e ha raccontato il fatto ai suoi legali, Massimiliano D’Alessio e Martina Bianchi, che immediatamente hanno presentato denuncia contro ignoti per ingiurie e lesioni. Nello stesso frangente anche Schiesaro è stato denunciato per danneggiamenti dal proprietario dell’auto. A quel punto è stato facile collegare i due fatti e risalire all’identità di chi era a bordo. Così, dopo qualche giorno dall’accaduto, si è scoperto che il lanciatore di gavettoni era Roberto Libertà Bossi.

Dopo alcune udienze e dopo aver ascoltato varie testimonianze, oggi c’è stata l’ultima udienza di questo processo. Gli imputati non si sono nemmeno presentati e il giudice ha emesso la sentenza assolvendo Roberto Libertà Bossi e il suo amico dall’ingiuria, ma condannandolo per lesioni alla pena pecuniaria di 600 euro, oltre al risarcimento dei danni morali e biologici per 1400 euro e al risarcimento degli oneri e delle spese legali per 1800 euro. “È una vittoria significativa: per un semplice militante che non è voluto sottostare ai soprusi del figlio di un potente – ha commentato l’avvocato Massimiliano D’Alessio -. Un gesto di arroganza vile è stato punito come meritava, giustizia è fatta”.

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