In Italia è considerato il cassiere di Cosa Nostra, esperto riciclatore di denaro, molto vicino ai principali narcotrafficanti italo americani e intimo di Bernardo Provenzano. Per questo è stato condannato in via definitiva a 9 anni di reclusione. Solo che quella pena Vito Roberto Palazzolo non l’ha mai scontata. Almeno fino a quando non è stato bloccato dall’Interpol all’aeroporto di Bangkok, in Thailandia, mentre stava cercando di lasciare il paese. Un’operazione, quella della polizia internazionale, che potrebbe essere l’epilogo della quasi leggendaria inafferrabilità di Palazzolo, che da vent’anni riesce ad evitare le carceri italiane.

Questo perché dal 1986 Palazzolo vive in Sudafrica, dove è conosciuto come Robert Van Palace Kolbatschenko, importantissimo uomo d’affari tra i principali contribuenti del paese. Sposato con una ricca ereditiera d’origine russa, in passato è stato anche ambasciatore plenipotenziario del piccolo Stato del Ciskey (poi annesso al Sud Africa). Oggi abita tra la Namibia e Città del Capo: casa sua è una villa meravigliosa in stile old Dutch ai piedi di una catena montuosa, tra laghi, fiumi, miniere di diamanti e piste d’atterraggio per jet privati. È un uomo importante oggi Palazzolo, ricco commerciante di pietre preziose con la “Van Palace Diamond Cutters”, allevatore di struzzi, gestore di lussuosi night club e proprietario dell’azienda che imbottiglia l’acqua “Le vie de Luc”, commercializzata perfino sugli aerei della compagnia di bandiera sudafricana.

A leggerla tutta d’un fiato la biografia di Palazzolo/ Van Palace sembra degna di un film. Nato a Cinisi 65 anni fa, Palazzolo inizia a prendere contatti con la mafia emergente dei corleonesi già negli anni ’60. È in quel periodo che secondo alcuni collaboratori di giustizia entrerebbe nella famiglia mafiosa di Partinico. Il suo nome emerge per la prima volta in Pizza Connection, l’indagine di Giovanni Falcone che smantellò un rete di traffico di stupefacenti e riciclaggio di denaro attiva in tutto il mondo. In quella rete rimane impigliato anche Palazzolo, segnalato come vicino al boss Francesco Di Carlo (poi collaboratore di giustizia) e ai Cuntrera e Caruana, all’epoca i più grandi narcotrafficanti del mondo.

Già negli anni ’80 Palazzolo scopre la sua “affinità” per le pietre preziose: è proprietario infatti della Palazzolo Gioie srl che il questore di Palermo chiede di confiscare nel 1985. Nello stesso anno la polizia Svizzera riesce ad arrestarlo per riciclaggio di denaro. Ma dal paese elvetico però Palazzolo riesce a fuggire in Sudafrica dove arriva con un passaporto svizzero intestato a tale Domenico Frapolli. Giunto nel paese più estremo dell’Africa in breve tempo Palazzolo cambia il suo nome in Van Palace, dimentica le vicissitudini giudiziarie italiane e diventa un vero e proprio magnate del paese sudafricano, dove dopo l’apartheid stringe i rapporti con l’African National Congress, il partito di maggioranza nera.

Il passato siciliano però gli gioca un brutto scherzo. Nel 1996 infatti viene accusato di aver dato asilo a due ricercati mafiosi di Partinico: Giuseppe Gelardi e Giovanni Bonomo, che sarebbero stati segnalati proprio nelle sue proprietà tra il Sudafrica e la Namibia. La procura di Palermo inizia quindi una complessa attività rogatoria e nel 2004 i pubblici ministeri Domenico Gozzo e Gaetano Paci vanno in Sudafrica per chiedere l’estradizione di Palazzolo. “Ci siamo ritrovati a cercare di raccogliere prove in un paese non eccessivamente collaborativo nella sua magistratura, nelle cui aule si sentiva parlare del diritto sudafricano come della culla della civiltà giuridica, mentre la giustizia italiana viene dipinta come macchiata dalle peggiori nefandezze – racconta Gozzo, oggi procuratore aggiunto a Caltanissetta – In più venne espressamente e più volte richiamato il fatto che al tribunale di Palermo impera la mafia! Per assurdo, i magistrati italiani si trovano costretti a difendersi dall’accusa di appartenere a una giustizia para mafiosa, di fronte all’imputato Palazzolo-Von Palace, appartenente lui sì, secondo gli atti, a Cosa Nostra”. Alla fine l’estradizione per Mr Van Palace viene negata: a garantire per lui ci sono anche due generali dell’esercito sudafricano.

Nonostante lo scampato pericolo però quella condanna inflittagli dai tribunali italiani a Robert Van Palace, che ormai cerca di accreditarsi come un uomo d’affari di successo, pesa come un macigno. Per questo cerca in qualche modo di liberarsene avanzando recentemente richiesta di revisione. Per cercare di ripulire la sua fedina penale in passato Van Palace aveva attivato anche la sorella, Sara Palazzolo, che nel 2003 cerca addirittura di contattare Marcello Dell’Utri. L’oggetto dell’incontro con il senatore del Pdl sarebbe stato quello di “risolvere, magari i problemi di Roberto che sono anche quelli di Marcello”, dice al telefono Daniela Palli, amica dei Palazzolo, che doveva fare da tramite con Dell’Utri e che è finita sotto processo a Palermo per favoreggiamento aggravato. “Dell’Utri non devi convertirlo, è già convertito” spiega criptico Van Palace alla sorella, intercettato dagl’inquirenti. Dal canto suo il senatore del Pdl ha spiegato che Sara Palazzolo “era interessata ad avere un consiglio da me sugli avvocati da scegliere per il fratello. Non mi parlò di questioni specifiche. Io ho ormai maturato una lunga esperienza da imputato. Le ho dato la mia disponibilità. Ma l’incontro non si è più svolto. Ancora sto aspettando”.

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