I poliziotti arrestasti la scorsa settimana dagli uomini della squadra mobile di Bologna con l’accusa di aver rapinato, percosso e sequestrato per almeno due volte stranieri che erano stati fermati per controlli iniziano a parlare. Giovanni Neretti, che al momento dell’arresto accusò un malore, ha infatti chiesto di essere interrogato e ha già trasmesso tramite il suo legale uno scritto con la sua versione dei fatti, giudicata utile dagli inquirenti.

L’agente fa espresso riferimento alle percosse inferte dai poliziotti a Castenaso ad un immigrato tunisino, parlando anche del taglio delle scarpe. Nulla, invece, viene detto sulla rapina ai danni del fermato, ma lascia intendere che non c’è stata alcuna sottrazione di soldi. Una prima parziale ammissione, dunque. Mentre domani saranno interrogati dal procuratore aggiunto Valter Giovannini e dal pm Manuela Cavallo gli agenti delle volanti Alessandro Pellicciotta e Valentino Andreani, trasferiti nel carcere di Ferrara, che hanno chiesto di poter spiegare i termini del loro coinvolgimento.

Ieri mattina, invece, l’assistente capo Claudio D’Orazi, arrestato ieri in un’altra vicenda con l’accusa di concussione sessuale, è stato interrogato in carcere dal giudice Pasquale Gianniti. “I rapporti sessuali ci sono stati, ma quelle donne erano consenzienti” ha detto il poliziotto dell’ufficio immigrazione. D’Orazi avrebbe ammesso rapporti con sette donne straniere, per tre delle quali la procura ritiene di avere elementi sufficienti per contestare la concussione, ha però negato di aver costretto le ragazze minacciando ripercussioni sulle loro pratiche relative ai permessi di soggiorno, anche perché, ha aggiunto, alcune di quelle pratiche non erano seguite da lui. Comunque la procura ritiene che, in base alle intercettazioni telefoniche, le minacce ci siano state.

Sono cinque i poliziotti arrestati in sette giorni per due vicende che hanno messo in imbarazzo la Questura di Bologna, e creato un’atmosfera di tensione fra i vertici della polizia e la procura della Repubblica di piazza Trento Trieste.

La vicenda dell’assistente capo D’Orazi è l’ultima in ordine di tempo. Dall’ordinanza del gip Gianniti emerge il quadro probatorio costruito dal procuratore aggiunto Valter Giovanni e dal sostituto Lorenzo Gestri.

Il poliziotto D’Orazi lavorava all’ufficio Immigrazione, ed era incaricato di effettuare gli accertamenti esterni, cioè i controlli per verificare l’esistenza ed attualità della convivenza tra coniugi o l’idoneità del domicilio per il rilascio del permesso di soggiorno o il rinnovo a stranieri. Ma secondo gli inquirenti costrinse quattro donne a “corrispondergli utilità consistite in reiterate prestazioni sessuali”, con una “pressante opera di subdola persuasione e, talvolta, anche ricorrendo a implicite e velate minacce”.

Le vittime sono tre donne di origine marocchina e una moldava. Dalle intercettazioni telefoniche è emerso che l’indagato è alla “continua ricerca di incontri con donne straniere con le quali manifesta l’intenzione esplicita di avere rapporti sessuali – si legge nell’ordinanza del gip -. Impressionante appare la scelta selettiva delle donne destinatarie delle richieste. Si tratta sempre di donne straniere accomunate dal fatto di versare o in condizione di irregolarità, o in corso di regolarizzazione, quanto alla posizione sul territorio dello Stato; in sostanza, o prive di permesso di soggiorno, o con soggiorno da rinnovare, o addirittura assoggettate all’ordine di espulsione”.

Nei confronti di una delle quattro vittime, come si legge dall’ordinanza firmata dal gip, “il poliziotto “Claudio” le disse (alla giovane marocchina, ndr) che gli piaceva e che voleva andare a letto con lei”. La donna avrebbe spiegato al poliziotto di essere sposata, “ma questi subito le replicava che il matrimonio era finto, e che lui sapeva bene della sua situazione ossia del fatto che non era più sposata, aggiungendo e che per questa ragione non le sarebbe stato più rinnovato il permesso di soggiorno”. D’Orazi aggiungeva che “se vieni con me stai tranquilla…perché quando vengo qui da solo a fare i controlli posso chiudere un occhio”. Preoccupata dalla situazione la ragazza decide di cedere alle richieste. Sono tre i rapporti sessuali, il primo dei quali fu registrato. “Il poliziotto – si legge nelle carte – si era presentato a casa all’improvviso suonandole al citofono, insistendo molto per salire, mentre lei cercava di rinviare l’appuntamento, come aveva fatto in altre occasioni”; la donna aveva registrato la chiamata al citofono e il poliziotto disse “una frase del tipo “vengo su…aprimi…ora o mai più”. La giovane aveva rapporti sessuali “solo per paura che le venisse bloccato il permesso”, motivo per cui non si era esposta a denunciare per il timore di ritorsioni e rischi.

Prima di essere sentita dai magistrati in procura aveva scritto un sms al fidanzato connazionale: “sono qui c’è anche la polizia, questo posto mi mette paura”. E durate una delle pause della verbalizzazione la donna, fuori dall’ufficio del pm, chiamava un’amica dicendo: “di quel bastardo del poliziotto, ed io ho raccontato tutto, mi hanno fatto anche vedere le foto”, l’amica commenta “mamma mia” e la vittima continua: “Tra le foto c’era anche quella di lui ed io ho detto tutto”. E al telefono col fidanzato conferma: “Ho risposto che da me era venuto tre volte volendo fare sesso con me e una volta dalla mia amica volendo fare sesso con lei… insomma ho detto tutto non ho mentito per niente”.

Agli atti ci sono anche 4 file audio, registrati col cellulare. In uno si sente il poliziotto che “informava la marocchina che le avrebbero – scrive il gip – rinnovato il permesso di soggiorno fino a dicembre, poi se si fosse comportata bene e le avessero rinnovato il contratto, glielo avrebbero rinnovato ancora. Quindi sempre con tono amichevole le diceva “vedi che non siamo cattivi?” e la donna rispondeva che lui era troppo buono, e Claudio replicava che doveva diventare un po’ più cattivo”. Il poliziotto faceva capire, insomma, di aver “chiuso un occhio”.

In un’altra occasione D’Orazi dice: “Non vuoi fare l’amore con me?” E la donna rispondeva di no, il poliziotto allora “con un profondo sospiro diceva va bene, buona giornata”. La giovane lo saluta e si sentiva aprire la porta, il poliziotto concludeva: “Guarda qua, io sono stato buono, tu no”. E poi “adesso però guardiamo cosa succede, altrimenti big, big, big problem”.

Con un’altra donna, invece, anche lei marocchina, D’Orazi ha avuto dal novembre 2009 al novembre 2011 826 contatti telefonici e nel giro di un mese 44 sms. La ragazza è un’amica della prima vittima. La donna, scrive il gip, “divenendone a sua volta vittima, fu costretta ed indotta da questi a concedersi a lui sessualmente, in più occasioni, per evitare di non vedere pregiudicata la possibilità del rinnovo del proprio permesso di soggiorno”. Incontrò D’Orazi a casa di un’amica, la prima vittima, durante un controllo. Il poliziotto le chiese il numero di telefono, e da quel momento “iniziò a chiamarla e ad inviarle messaggi con i quali le faceva dei complimenti e le chiedeva di uscire insieme.” Davanti ai magistrati la donna ha specificato che “se non fosse stato un poliziotto dell’ufficio Immigrazione non sarebbe mai andata a letto con lui, scelta che aveva compiuto perchè intimorita dal fatto che nel caso in cui l’avesse respinto le avrebbe potuto creare problemi”.

In una telefonata di D’Orazi con un collega, poi, secondo il gip emerge “la spiccata propensione di D’Orazi per la ricerca di incontri sessuali”. Contattato da un altro poliziotto che “lo informava che per il pomeriggio non aveva i preservativi e gli chiedeva se per lui era uguale”, D’Orazi gli consigliava di comprarli. Un elemento utile “al fine di inquadrare la personalità dell’indagato, che sembrava affetto da un’assillante bisogno di ricerca di dare sfogo alle proprie pulsioni sessuali” scrve il gip. Che continua: “Non v’è dubbio che la personalità che nel breve volgere di pochi giorni veniva a delinearsi da parte di D’Orazi con riferimento all’assidua ricerca di partner sessuali (anche su internet, ndr) corroborava indirettamente anche il racconto” delle donne.

Ma ci sono altre due donne: una marocchina e una moldava. La prima viene contattata per fissare un appuntamento. Ma la donna poi gli telefona dicendo “che non si sarebbero potuti vedere alle due perchè lei aveva un problema, e pertanto doveva rinviare all’indomani. D’Orazi replicava molto irritato: “molto molto male…” e spiegava che l’indomani non poteva lui”. La donna rispondeva ancora una volta giustificandosi, ma il poliziotto sembra non accettare scuse e “con tono perentorio ancora una volta esclama: malissimo, questo non depone…assolutamente a tuo favore”.

Il poliziotto esercita nei confronti della donna “un’evidente posizione di gerarchia”, scrive il gip. E quando l’agente la richiama, la donna continua a giustificarsi, e D’Orazi esclama: “No! Non devi chiamarmi! devi devi tenerti libera e basta!”. “Oh – continua – la prossima settimana cerca di organizzare un giorno”. Lei “va bene ok..organizzati quando vuoi la settimana prossima e io sono libera”. E D’Orazi aggiunge, non contento: “non devi organizzare solo te, ci deve essere anche lei”. Dopo aver organizzato l’incontro, il poliziotto si avvia verso la casa della donna, che però non risponde né al telefono né al citofono. L’agente chiama la madre di lei per avere informazioni. Dopo diversi minuti la giovane marocchina chiama la madre: “lo sai che il bastardo è venuto da me” e la madre: “lo so perchè ha chiamato! anche me per dirmi che era salito e che ha suonato per parecchio tempo e che tu non rispondevi!”. La figlia risponde: “che vuoi che faccia?! Io devo lasciare venire a fare sesso gratis e poi andarsene!? Lui approfitta del fatto che io avevo quel problema”.

La quarta vittima, invece, è una giovane Moldava, che D’Orazi cerca ripetutamente per nuovi appuntamenti: “Se i prox giorni passi dalle mie parti fermati…altrimenti passerò io dalle tue a Casalecchio x un caffè, thè…me!”. “Si comprendeva – scrive il gip – come anche in questo caso la donna avesse problemi per regolarizzare la propria situazione di straniera in Italia”. E ancora il giudice per le indagini preliminari spiega: “D’Orazi frequenta una donna straniera che ha trattato in ragione del suo ruolo e della finzione di pubblico ufficiale; ancora una volta egli sa della preoccupazione della donna straniera per le difficoltà incontrare nel completamento della procedura di rilascio del documento di regolarizzazione, e ne approfitta per accreditarsi agli occhi della vittima, facendole credere che con il suo intervento potrà agevolare l’iter procedurale di regolarizzazione, inducendola in cambio a concedersi a lui sessualmente”.

Secondo il gip “indubbia appare la gravità indiziaria a carica dell’indagato”. E conclude riassumendo che “egli nello svolgimento di detto servizio, è entrato in contatto con una serie di donne extracomunitarie che sono accomunate dalla circostanza di versare, quanto alla posizione sul territorio delle Stato, in condizione di irregolarità o in corso di regolarizzazione”. D’Orazi “ha abusato della propria qualità, prospettando alle donne la sua capacità di incidere positivamente sulla procedura di rilascio o di rinnovo del documento di soggiorno, inducendo le stesse – anche mediante velate minacce – ad incontri sessuali reiterati”.


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