A questo punto è, per davvero, una corsa a due. Rick Santorum “conquista” Mississippi e Alabama e si accredita come il vero rivale di Mitt Romney. In Mississippi il candidato del conservatori Usa raggiunge il 33% dei consensi. In Alabama il 35%. Secondo, in entrambi gli Stati, è Newt Gingrich, che per una manciata di voti supera Romney. I 90 delegati complessivi in palio ieri sera verranno aggiudicati proporzionalmente, e quindi il voto non pare modificare sensibilmente la situazione, con Romney in vantaggio nella conta dei delegati. Quella che a questo punto cambia è la percezione “politica” dello scontro.

Romney non riesce a vincere il voto dei conservatori, non riesce a imporsi negli Stati “cuore” delle politiche e della tradizione repubblicana. E’ Santorum il candidato di questi settori del partito e del Paese. “L’abbiamo fatto ancora”, ha urlato il vincitore ai supporter entusiasti riuniti a Lafayette, Louisiana (molti di questi, in attesa del candidato, pregavano in ginocchio). Aggiungendo, “e ora è arrivato il momento perché i conservatori si riuniscano”, un chiaro riferimento al fatto che Gingrich debba ormai ritirarsi dalla corsa per la nomination, lasciando a lui, al candidato che ha vinto una serie di Stati “chiave” del potere repubblicano (oltre ad Alabama e Mississippi, Iowa, Colorado, Minnesota, e ancora Tennessee, Oklahoma, North Dakota, Kansas) l’onere e l’onore di rappresentare i conservatori Usa.

La risposta di Gingrich è già arrivata. “Andremo avanti fino alla Convention di Tampa”, ha detto l’ex-speaker della Camera, che ha però colto l’occasione del discorso post-voto per attaccare ancora una volta il rivale più “odiato”, Mitt Romney: “Se sei il favorito, e continui ad arrivare terzo, non sei più il favorito”. Il risultato di ieri sera è in effetti un ulteriore segnale sconfortante per Romney, il candidato “inevitabile” che non riesce però a essere così inevitabile, a raccogliere dietro di sé i diversi gruppi e tradizioni del partito repubblicano: moderati, conservatori, Tea Party, religiosi, fiscal conservaties. Un’analisi del voto di Mississippi e Alabama, appena iniziata in queste ore, è destinata con ogni probabilità ad approfondire le preoccupazioni del team di Romney.

L’ex-governatore del Massachusetts non soltanto non riesce a vincere e convincere nelle zone a più alta densità di conservatori ed evangelici, ma ottiene risultati non particolarmente brillanti anche nelle aree urbane – Birmingham, Montgomery, Mobile, Huntsville in Alabama, Jackson, Hattiesburg e Biloxi in Mississippi – dove il voto moderato è più forte e dove l’establishment del partito si era dichiarato a suo favore. Inutile per Romney è stata poi l’ennesima, massiccia prova di forza economica, con una campagna di spot televisivi che ha travolto le televisioni e le radio di Alabama e Mississippi (il 65% di tutti gli spot trasmessi nei due Stati, nell’ultimo mese, è stato pagato da Romney o dai gruppi che lo sostengono. Santorum, nel discorso della vittoria, non si è lasciato sfuggire l’occasione per fare dell’ironia: “Romney ci sta mettendo davvero tanti soldi, per rendere questa sfida inevitabile”). Un segnale ancora più inquietante viene però dal dato dell’eleggibilità.

Tre elettori repubblicani su quattro, al momento di collocare la loro scheda nell’urna in Alabama e Mississippi, hanno detto di considerare “l’eleggibilità”, la capacità di battere Barack Obama, la qualità più importante per il candidato. Romney, il repubblicano moderato che pareva più in grado di raccogliere il voto degli indipendenti e battere Obama il prossimo novembre, non sembra a questo punto convincere più nemmeno in termini di “eleggibilità”. Difficile a questo punto prevedere il futuro. Con il voto di ieri, la campagna repubblicana è a metà del suo corso (hanno votato 27 Stati). Secondo le prime stime, Romney si trova tra i 470 e i 480 delegati. Santorum ne ha circa la metà: 240. Le primarie in Missouri (che organizza i caucuses sabato) e poi, la settimana prossima, in Illinois, dovrebbero risolversi con una almeno temporanea boccata d’ossigeno per Romney. Il team dell’ex-governatore ha però calcolato che, restando le primarie un “affare” a tre, molto difficilmente sarà possibile raggiungere quota 1.144 delegati e chiudere la partita entro i prossimi due mesi. La situazione diventerebbe però ben più preoccupante, nel caso Gingrich dovesse ritirarsi, lasciando Santorum come candidato unico dei conservatori. In questo caso, la distanza tra i due – Romney e Santorum – potrebbe accorciarsi, e diventerebbero decisivi New Jersey e California, che votano a giugno. Il “circo” delle primarie repubblicane continua dunque il suo giro per gli Stati Uniti. Una sfida che alcuni mesi fa sembrava decisa a favore di Mitt Romney si è trasformata in un processo lungo, faticoso, dispendioso, politicamente distruttivo. I sondaggi non danno Barack Obama in buonissima salute (il 48% degli americani disapprova il suo operato), ma gli sfidanti repubblicani, troppo impegnati a farsi la guerra, non sembrano a questo punto in grado di approfittarne.

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