Il vicedirettore generale dell'Ocse Pier Carlo Padoan

L’Italia non cresce perché è afflitta dalla corruzione.  Ed è “essenziale” una “lotta” contro questo fenomeno che “produce un costo in termini di competitività”. Pier Carlo Padoan, capo economista e vicedirettore generale dell’Ocse, ha puntato il dito contro i fattori che impediscono l’aumento del pil nel corso di un’audizione in commissione Bilancio.

A incidere negativamente c’è l’elevato costo della giustizia amministrativa, che, se fosse risolto, “potrebbe rappresentare un vantaggio competitivo”. Padoan ha sottolineato poi che dalla lotta all’evasione fiscale si possono ottenere “vantaggi significativi” e bisogna procedere con la liberalizzazione di alcuni settori, in particolare quello dell’energia “per abbattere i costi di produzione”. Per il rilancio del paese, inoltre, “è cruciale la riforma del lavoro”, che deve considerare “la graduale eliminazione del precariato, l’accesso dei giovani al mercato, la riforma degli ammortizzatori sociali e la riduzione del numero dei contratti”. Nessuno sconto alla lotta all’evasione, da cui ”l’Italia può ottenere significativi vantaggi e i nuovi strumenti vanno nella direzione giusta”. E che “non deve essere smentita dai condoni”. In quanto a pressione fiscale, ha aggiunto Padoan, quella italiana è decisamente superiore alla media europea, ma l’alto debito pubblico per il momento non concede speranze ai contribuenti per un taglio delle tasse.

Considerazioni alla luce del pil italiano che si è aggiudicato la maglia nera tra i paesi del G20 sul fronte della crescita, facendo registrare un -0,7%, peggio del -0,2% del trimestre precedente. Su base annua il pil dell’Italia si è attestato a +0,4% (+1,8% nel 2010), contro l’1,4% dell’Eurozona e il 2,8% dell’area G20.

Più in generale, è la crescita dei Paesi del G20 che frena. Nel quarto trimestre del 2011 – secondo i dati diffusi dall’Fmi e dell’Ocse – il pil è aumentato di appena lo 0,7%, contro lo 0,9% dei tre mesi precedenti e nel 2011 è cresciuto complessivamente del 2,8%, “una netta decelerazione” rispetto al +5% del 2010. A trainare sempre i Paesi emergenti, mentre gli Stati Uniti hanno fatto registrare negli ultimi tre mesi del 2011 un +0,7%. Peggio Ue ed Eurozona, entrambe con un -0,3%. Col segno meno anche la Germania e il Regno Unito (entrambe con un -0,2%).

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