Gli italiani? Popolo di santi, navigatori e individualisti in bilico. È il dato che emerge dalla ricerca Censis su “I valori degli italiani” presentata a Roma con un dibattito tra il presidente Giuseppe De Rita, insieme a Giuliano Amato e al sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Paolo Peluffo. Una ricerca che arriva a un quarto di secolo di distanza dall’ultima effettuata: erano gli anni 1986-87, a palazzo Chigi c’era Bettino Craxi e sottosegretario alla presidenza del Consiglio era proprio Giuliano Amato.

“La soggettività innanzitutto”, spiega Giuseppe De Rita. È la chiave di lettura per comprendere il cambiamento dei valori degli italiani negli ultimi 50 anni. Segnati e cresciuti nell’individualismo degli anni ‘70, della contestazione, ma anche del boom delle televisioni commerciali, degli anni ‘80 e ‘90. “L’individualismo, il primato del soggetto sulla norma, è il grande filo conduttore di questi anni”, spiega il presidente del Censis. “Nel sociale pensiamo all’aborto e al divorzio, nella vita privata alla soggettività emotiva e sessuale”. La soggettività spicca anche nell’iniziativa economica: incarnata, manco a dirlo, dalla “parabola cadente” di Silvio Berlusconi. Il 99% delle imprese italiane è di dimensioni piccole e piccolissime”, sottolinea Giuliano Amato. Il punto, però, è che questa soggettività “non si è concretizzata in classe sociale”, spiega De Rita. Il numero di piccoli imprenditori, con l’avanzare degli anni 90, “si è ridotto drasticamente”, aggiunge Amato. E oggi gli italiani, smarriti e forse un po’ pentiti dati i risultati, stanno tornando ai valori che furono. Da un lato c’è l’individualismo, che si manifesta “nell’antagonismo”: dei no Tav, dei Draghi Ribelli che occupano la tangenziale di Roma, degli scontri di piazza del Popolo. E il popolo di santi e navigatori, che oscilla quasi pentito, dall’altro lato, “nella debolezza del soggetto”, riscopre modelli come quello della famiglia, del padre, della religione. E in quei modelli cerca protezione, dice ancora De Rita.

Lo dicono i numeri: il senso della famiglia (indicato dal 65% dei cittadini) è secondo la ricerca il più importante valore che oggi accomuna gli italiani, seguito dal gusto per la qualità della vita (25%), dalla tradizione religiosa (21%, e l’82% pensa che esiste una sfera trascendente o spirituale che va oltre la realtà materiale) e l’amore per il bello (20%). “Abbiamo bisogno delle società strette per sentirci più tranquilli”, spiega il presidente. Una direzione reazionaria? Di certo la consapevolezza che uno slancio, quello dell’individualismo, sembra aver esaurito la sua spinta propulsiva. “Ne sono uscito pieno di speranza per il prossimo anniversario, il 2061”, dice Peluffo con ironia. “Il disastro antropologico, l’aggressività, la mancanza di senso del futuro, la solitudine. È successo qualcosa: questo modello si è estinto nel 150enario ed è nata la consapevolezza della rielaborazione in senso collettivo”, dice il sottosegretario.

Giro di boa. Da dove ripartono oggi gli italiani? Proprio dalla famiglia. Anzi: dai diversi “format familiari”, come li chiama il Censis. Meno coppie coniugate, più coppie ricostituite, tante le unioni libere, che nel periodo 1998-2009 sono aumentate (+541mila, arrivando in totale a 881mila). E “più del 90% degli italiani si dichiara soddisfatto delle relazioni familiari”, dice il rapporto della Fondazione. Non solo: anche se ci si sposa meno, molto meno, nel matrimonio ancora credere (almeno in teoria) si può: il 54% ritiene che garantisca maggiore solidità alla coppia.

Gli italiani fanno anche i conti con la crisi. Bocciando il consumismo il 57% pensa che, “al di là dei concreti problemi di reddito, nella propria famiglia il desiderio di consumare è meno intenso rispetto a qualche anno fa”. Il 51% “crede che, anche in questa fase di crisi, nella propria famiglia si potrebbe consumare di meno tagliando eccessi e sprechi”. Non solo: la fotografia scattata dal Censis parla di un popolo che vuole una maggiore legalità. L’89% vorrebbe misure più severe contro le droghe pesanti, l’87% contro la guida pericolosa, il 76% contro l’abuso di alcol, il 74% verso le droghe leggere, il 71,5% nei confronti della prostituzione.

Sui valori da mettere in primo piano gli italiani sembrano meno netti: moralità e onestà (55,5%), rispetto per gli altri (53,5%) e solidarietà (33,5%) sono le voci considerate necessarie per migliorare la convivenza sociale. Si potrebbe fare di meglio con la moralità, almeno in tempi di nuove inchieste, di ventennali di Mani Pulite, di politica “commissariata” dai tecnici? “Ci sono tante e variegate caste in questo paese”, dice Giuliano Amato a ilfattoquotidiano.it. “E tanti modi di tentare di entrarci. Ma, soprattutto in tempi in cui è possibile conoscere gli avvenimenti e le inchieste con ancora più trasparenza rispetto a prima, sarà sempre la maggioranza degli italiani a ritenere l’onestà tra i valori più importanti”. Insomma, “santi no, ma onesti sì”.

di Angela Gennaro

Articolo Precedente

Fidelity card?
Gatta ci cova

next
Articolo Successivo

Anti-salutismo:
un dibattito superato

next