Sono passati 20 anni da Mani Pulite e nulla si è fatto per rendere più difficile la corruzione. E’ quanto emerge dalla disamina offerta da Piercamillo Davigo e Gherardo Colombo, magistrati protagonisti di Tangentopoli, ai quasi mille spettatori giunti al Forum Monzani di Modena per la presentazione dell’ultimo libro di Colombo dal titolo “Farla franca. La legge è uguale per tutti?”.

Intervistati dalla giornalista de Il Fatto Quotidiano Silvia Truzzi, Colombo e Davigo hanno raccontato quella che è stata la stagione di inchieste giudiziarie esplosa 20 anni fa e che ancora oggi sembra persistere esattamente con le medesime modalità e in alcuni casi anche con gli stessi protagonisti. Un’azione di risanamento mancato, in sostanza, così come emerge dai dati forniti da Transparency Internazional, associazione non governativa che si propone di combattere la corruzione e secondo la quale l’Italia, su una scala da uno a dieci, è ancora gravemente insufficiente.

«Credo che il problema legato alla corruzione – afferma l’ex magistrato Gherardo Colombo – non si risolva all’intero delle aule giudiziarie, è più che altro un problema educativo. I ragazzi su questo tema sono molto sensibili, ma hanno di fronte degli adulti che non danno loro gli strumenti per coinvolgerli, questa forma di apatia dei giovani dipende dall’approccio degli adulti verso i ragazzi. Per questo quando chiedo loro se la legge è uguale per tutti, loro rispondono no».

Ma non solo: «È evidente – prosegue Colombo – che in questi 20 anni non si è fatto nulla per rendere più difficile la corruzione o rendere più facile la sua scoperta. La situazione di oggi non è tanto diversa rispetto a quella di 20 anni fa. Dovranno morire i miei pronipoti prima che si risolva la corruzione in Italia».

Il problema, dunque, è legato anche alle norme, quelle che l’Italia non ratifica o modifica e che portano oggi a stimare il danno derivante dalla corruzione a circa 80 miliardi. È l’opinione di Davigo, che afferma: «Ci sono metodi efficaci previsti da convenzioni internazionali che guarda caso non vengono ratificate. Altri paesi hanno sconfitto la corruzione in pochi anni usando questi metodi».

Ma cosa sarebbe stata l’Italia senza Mani pulite? «Probabilmente – è la caustica risposta di Davigo evidenziando la prosecuzione della stagione di corruzione – ci sarebbero alcune persone al posto di altre, anche se non è detto perché per molti una condanna è stata il viatico per fare carriera».

Altro tasto dolente è il rapporto tra magistratura e politica, che continua ad essere ostico. «Basterebbe che scattassero – prosegue Davigo – meccanismi di autocontrollo della politica, così ciò che accade nelle aule di giustizia non avrebbe rilievo politico. Il problema è che rimangono lì fino a che non vengono a prenderli i carabinieri. Il risultato più duraturo di Mani pulite è stato di aver squarciato il velo di ipocrisia. Ma il risultato finale non è stato che hanno smesso di rubare, hanno solo smesso di vergognarsi».

«Possibile – aggiunge Davigo – che anche con una norma come l’articolo 54 della Costituzione che dice che coloro a cui sono affidate pubbliche funzione devono adempiere ad esse con disciplina ed onore, uno possa usufruire della prescrizione e continuare a fare politica?».

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