Il premier indiano Manmohan Singh

E’ intervenuto direttamente Mario Monti per cercare di sbrogliare la matassa legata al caso dei due marò italiani arrestati in India con l’accusa di aver ucciso due pescatori asiatici. Il capo del governo, infatti, ha avuto un colloquio telefonico con il premier indiano Manmohan Singh per chiedere notizie sulla condizione di detenzione di Massimiliano Latorre e Salvatore Girone. Nel frattempo, però, si accentua lo scontro tra le due diplomazie sull’immunità da concedere o meno ai due fucilieri del Battaglione San Marco.

Dopo la telefonata tra Monti e Singh, da palazzo Chigi è stata diramata una nota che spiega il contenuto della telefonata. “Nel ribadire al premier indiano la massima attenzione e preoccupazione con cui il Governo segue le vicende dei Marò” Monti “ha ricordato che il presunto incidente – le cui dinamiche sono ancora tutte da accertare – è avvenuto in acque internazionali e che la giurisdizione sul caso è, di conseguenza, solo italiana”.  Il capo del governo, poi, ha ripercorso la dinamica dell’accaduto, sottolineando che “i due militari erano impegnati in una legittima missione internazionale di contrasto alla pirateria” e ribadito “con forza la ferma aspettativa del Governo per un trattamento dei due Marò che rifletta pienamente il loro status”.  Se ciò non accadrà “ogni atteggiamento da parte indiana non pienamente in linea con il diritto internazionale rischierebbe di creare un pericoloso precedente in materia di missioni internazionali di pace e di contrasto alla pirateria – missioni in cui sono impegnati anche militari indiani – mettendone a repentaglio l’efficacia e le capacità operative”.  Secondo la nota del governo, “il presidente Singh ha condiviso le preoccupazioni del presidente Monti volto ad evitare che si creino tensioni tra India ed Italia e che la vicenda rechi pregiudizio alla collaborazione tra i due Paesi e alle missioni internazionali di pace e di contrasto alla pirateria. Ha assicurato che presterà la massima attenzione alle richieste del Presidente Monti, a cominciare da quella sul trasferimento dei due Marò dalla prigione ad altro luogo di custodia adeguato allo status dei due militari”.

Sul caso, inoltre, da registrare anche l’intervento del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, secondo cui “l’unica via per riportare a casa i nostri due ragazzi è una accorta azione sul piano giuridico e giudiziario e una azione tenace e riservata, come riservata è stata la mia forma di assistenza, sul piano politico e diplomatico”. Per il capo dello Stato, intervenuto a margine dell’inaugurazione di una mostra al Senato, “l’unico modo di riportare a casa i due marò è di evitare qualsiasi incrinatura nei rapporti di amicizia e di rispetto reciproco fra Italia e India”.

Nelle stesse ore, però, una fonte ufficiale del governo indiano ha raffreddato le speranze di vedere quanto prima liberi i due fucilieri italiani. L’India, infatti, non riconosce l’immunità legale dei militari impiegati a bordo delle navi con funzioni anti pirateria “perché l’accordo sui Vdp (Vessel Protection Detachement) non si applica a livello globale”. La possibilità che i mercantili possano imbarcare dei nuclei militari di Vpd era stata prevista nelle operazioni anti pirateria dell’Unione Europea e della Nato, ma “non costituisce alcuna base giuridica per l’India”. Almeno a sentire il governo indiano, che ha quindi ribadito che nel caso dei pescatori uccisi “si applicano le leggi indiane”. Prendendo atto delle differenze esistenti tra i due Paesi in merito alla giurisdizione internazionale, “sarà il tribunale competente a decidere” e “qualsiasi sarà il verdetto lo rispetteremo”. E’ quanto spiegato dalla fonte in questione, che poi ha confermato come il governo di ha “piena fiducia nella completa imparzialità e indipendenza del nostro sistema giudiziario”.

Di parere opposto, però, il ministro degli Esteri Giulio Terzi. “Abbiamo condiviso l’esigenza di affermare sul piano internazionale il principio dell’immunità dei peacekeeper che operano nel quadro delle risoluzioni Onu” ha detto il titolare della Farnesina, secondo cui è necessario ”affermare questo principio di immunità e di giurisdizione nazionale applicabile come principio di carattere generale che è ampiamente riconosciuto ma che merita di essere affermato”. Simile il discorso di Marco De Paolis, procuratore militare della Repubblica di Roma. “La giurisdizione è sicuramente italiana – ha detto De Paolis – Il fatto è avvenuto in acque internazionali e nel corso di una missione internazionale sotto l’egida delle Nazioni Unite per un sevizio di tutela dei traffici commerciali contro la pirateria. Non ci sono dubbi sul fatto che la giurisdizione in questi casi sia del Paese cui appartengono le persone coinvolte. In questo caso l’Italia, perché sono accusati militari italiani”. Quanto ai possibili sviluppi della situazione, il capo della procura militare di Roma ha sottolineato che “anche l’India vanta delle ragioni perché ci sono delle vittime di nazionalità indiana. Il problema è capire anzitutto se gli episodi siano gli stessi. Credo che per come si sono avviate le cose, il nodo si potrà sciogliere quasi esclusivamente per via diplomatica. I governi italiano e indiano – ha concluso De Paolis – dovranno trovare una soluzione amichevole, naturalmente in linea con il diritto internazionale”.

Sulla questione è intervenuta anche l’Unione europea, con una portavoce di Catherine Ashton (responsabile per la diplomazia Ue) che ha spiegato come “su richiesta dell’Italia, l’Ue si sta attivando per trovare una soluzione soddisfacente al caso”.

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