"Il dio dei leghisti" (Edizioni San Paolo)

“Noi, come molti fondamentalisti cattolici, pensiamo che la nostra fede sia tutt’uno con la nostra identità. E non dimentichiamo mai che è stata il sostegno più grande nella lotta di sempre: quella contro gli islamici”. Angelo Alessandri, presidente federale della Lega Nord, esprimeva così nel 2007 la visione cristiana del Carroccio. Nel partito di Bossi il 39% dei militanti è cattolico praticante e una percentuale ancora superiore è credente. Ma come può conciliarsi la fede con un movimento che ha costruito il mito pagano del dio Po e che si è fatto portavoce di messaggi xenofobi e feroci attacchi ai musulmani?

Augusto Cavadi, membro dell’Associazione teologica italiana e tra i maggiori esperti del rapporto fra cattolicesimo e associazioni criminali, indaga il rapporto tra Lega Nord e Chiesa nel suo libro “Il dio dei leghisti” (Edizioni San Paolo), per capire “se sia la tradizione cattolica ad avere prodotto le menti leghiste o se siano state le menti leghiste ad avere stravolto la dottrina cattolica”.

“La questione identitaria è centrale – spiega l’autore – perché la religione è interpretata come fattore di unità etnica e di identificazione simbolica. Poi, diventa quasi marginale se a rappresentarlo è il Po o il crocifisso”. Il diritto e il primato delle proprie radici, garantito dalla tradizione, si traduce anche nella costruzione del senso di comunità definita per comunanza di lingua, razza e colore della pelle. E in cui il ‘prossimo’ evangelico è identificato solo nel ‘padano’. Per il senatore Piergiorgio Stiffoni, ad esempio, “l’immigrato non è mio fratello, ha un colore della pelle diverso. Cosa facciamo degli immigrati che sono rimasti in strada dopo gli sgomberi? Purtroppo il forno crematorio di Santa Bona non è ancora pronto”. Dichiarazioni contrarie allo spirito di accoglienza e uguaglianza di Cristo.

“Quello leghista è un cattolicesimo che definisco ‘anticristiano’ – puntualizza Cavadi-, ma è necessario distinguere il piano della militanza da quello della dirigenza”. Gli elettori leghisti infatti, “sono sinceramente convinti che la difesa del crocifisso e il contrasto all’avanzata dell’Islam siano dimostrazioni di fede. I vertici invece cercano di attrarre l’elettorato cattolico moderato e la frangia più integralista attraverso temi bioetici, da Eluana Englaro alla Ru486”. Battaglie legittime, ovviamente, “ma strumentalizzate dal Carroccio che intravede in alcuni rappresentanti più tradizionalisti della fede, come il cardinale Biffi e monsignor Maggiolini, la garanzia della civiltà occidentale”.

Un cattolicesimo ad hoc voluto dalla la Lega che, come propose Mario Borghezio, auspicava la nascita di una Chiesa del Nord “autonoma da Roma, che avrebbe gestito per sé il proprio otto per mille, i propri fedeli, i propri santi” e “a sei minuti di macchina dal Parlamento di Mantova”. Un uso per fini politici divenuto ancora più evidente dopo la malattia di Umberto Bossi. “Prima del 2004 il Senatùr era più vicino a posizioni pagane, tra il mito della Padania e il dio Po. Per lui il crocifisso era l’equivalente di un amuleto e il papa ‘straniero’ Woytyla, secondo lui, era venuto per ‘rubare il lavoro’ ad altri eventuali pontefici italiani”. A seguito dell’ictus si è compiuta la svolta, incentivata dall’avvento di Ratzinger “con cui la narrazione leghista si avvicina al cattolicesimo più tradizionalista”. Lontano, però, dal messaggio evangelico.

“Eppure questo non è un libro contro i leghisti che si dicono cattolici – puntualizza Cavadi – Esprime piuttosto una critica nei confronti della Chiesa che non trova incoerenze a sponsorizzare un leghismo dalla parte del potere, del profitto e favorevole alla caccia allo straniero. Contraddizioni evidenti chi è fedele al messaggio di Cristo. “Per quanto mi riguarda – conclude l’autore – se il dio dei leghisti è garante delle tradizioni, baluardo contro gli stranieri, assicuratore contro le incertezze della storia, posso dichiarare serenamente che è un dio in cui non credo”. Perché creato a immagine e somiglianza del Carroccio.

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