Esattamente due settimane dopo le dimissioni dell’ex presidente tedesco Christian Wulff la polizia ha perquisito venerdì la sua abitazione privata a Großburgwedel, nei pressi di Hannover. L’azione è durata quasi quattro ore: il procuratore generale Clemens Eimterbäumer e cinque agenti della polizia anticrimine regionale della Bassa Sassonia hanno lasciato la casa intorno alle 21, portandosi dietro documenti e almeno un computer.

È la prima volta che la Germania assiste a un’operazione del genere contro un suo ex capo dello Stato. Wulff è indagato per corruzione e non gode più dell’immunità, che gli è stata revocata subito dopo le sue dimissioni, annunciate il 17 febbraio. La casa perquisita è la stessa dal quale è partito lo scandalo che l’ha travolto: per acquistarla il politico cristiano-democratico ha infatti ottenuto dalla moglie di un suo amico imprenditore un prestito a tasso agevolato di 500.000 euro, che ha poi nascosto al parlamento regionale della Bassa Sassonia quando era ancora governatore del Land. La perquisizione di venerdì era stata concordata con Wulff ed è avvenuta “su base volontaria”, l’ex presidente “è cooperativo”, hanno fatto sapere dalla procura di Hannover.

Giovedì erano stati già perquisiti l’ufficio e la casa di David Groenewold, il produttore cinematografico sospettato di aver pagato a Wulff diverse vacanze sull’esclusiva isola tedesca di Sylt e di aver ricevuto in cambio dal Land della Bassa Sassonia delle garanzie pubbliche a favore della sua società.

Intanto la Germania litiga sul vitalizio accordato a Wulff. Agli ex presidenti tedeschi spetta una pensione di 199.000 euro l’anno per il resto della loro vita, anche se si sono dimessi prima della scadenza del mandato, a patto però che abbiano lasciato “per ragioni politiche o di salute”. Secondo alcuni costituzionalisti Wulff non avrebbe diritto al vitalizio, in quanto non ha abbandonato il suo incarico “per ragioni politiche o di salute”, bensì per motivi personali: in fondo le accuse che gli vengono mosse dalla magistratura risalgono al periodo precedente alla sua elezione a capo dello Stato. Di diverso avviso la presidenza della Repubblica, per la quale le dimissioni sono avvenute “per ragioni politiche”. A far discutere è in particolare il fatto che l’ok al vitalizio sia arrivato da un fedelissimo di Wulff: Lothar Hagebölling, ex capo della cancelleria regionale ad Hannover ai tempi in cui Wulff era governatore e oggi numero uno dell’ufficio della presidenza della Repubblica federale. Tant’è: a questo punto nessuno può più togliere il vitalizio all’ex presidente. I 199.000 euro all’anno gli spettano anche in caso di condanna, hanno chiarito i membri della Commissione Bilancio del Bundestag, secondo i quali la concessione della pensione è del tutto legale.

Non solo, ma le leggi tedesche impediscono a Wulff di rifiutarsi di incassare il vitalizio: al massimo può devolvere la somma in beneficenza. È battaglia invece sul riconoscimento dei benefit aggiuntivi, che l’opposizione vuole cercare di bloccare: gli ex presidenti possono contare infatti anche su un ufficio con segretaria, un assistente personale e un’auto blu con autista, per un controvalore di 280.000 euro.

Il trattamento d’oro riservato a Wulff non va giù ai tedeschi: un sondaggio della tv pubblica ARD ha rilevato che l’84% dei cittadini federali è contrario al vitalizio.

Intanto alcuni politici della maggioranza e dell’opposizione hanno proposto di cambiare le regole sulle pensioni agli ex presidenti. Obiettivo: impedire che in futuro possano esserci dei “baby-pensionati” come Wulff, che ha appena 52 anni. Forse la prima riforma – a costo zero – potrebbe consistere nel cambiare il nome del vitalizio per gli ex capi dello Stato: oggi si chiama Ehrensold, cioè “paga d’onore”.

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