“Io il posto fisso me lo sono sudato. E me lo tengo stretto”, ha ragione Rossella Burattino, 33 anni, giornalista al Corriere della Sera. Sette anni fa è uscita dal Master di Giornalismo dell’Università di Suor Orsola Benincasa di Napoli, un biglietto di sola andata per Milano per due mesi di stage garantiti al Corsera, non pagati. I due mesi sono diventati sei. Collaborazioni e contratti a termine come un lungo rosario. Solo grazie alla determinazione a non mollare mai, neanche mentre il Corsera riduceva di un bel po’ il suo organico, Rossella ce l’ha fatta e dopo sei anni, otto mesi e tre giorni di precariato, finalmente ha il suo ”posto fisso” al Corrierone.

Ascolta rapito questa storia di ex precariato Lino Apone, direttore commerciale e del marketing della Feltrinelli. Apone è uno ‘tosto’ che ha già spedito sua figlia Margherita, 17 anni, a fare sei mesi di liceo in Nuova Zelanda. Uno che guarda davvero avanti, nella terra dei Kiwi e degli All Blacks c’è il problema opposto alla disoccupazione: sono in pochi con tante possibilità di lavoro, in una terra sotto al Tropico del Capricorno, grande poco meno dell’Italia, ma con gli stessi abitanti delle sole Milano e Torino messe assieme. Lino ha una sua teoria che lui chiama “azienda rovesciata”, che tuteli di più i giovani e renda meno immobili gli anziani. “Diciamo piuttosto che la mia non è una teoria ma un ideale, nel senso che coltivo il sogno di poter rovesciare l’idea dell’organizzazione aziendale verticistica come la conosciamo in Italia, come si rovescia la tarte tatin per farla più buona.” In altre e (forse) semplicistiche parole, Apone propone di invertire le posizioni tra i garantiti con esperienza e i non garantiti con meno esperienza. L’attuale contingenza, che ci sta imponendo molti cambiamenti e sacrifici, potrebbe prevedere anche cambiamenti radicali, ma felici.
Mi viene in mente Sveva Scalvenzi, neolaureata in Scienze della Comunicazione, che per ingannare la disoccupazione è volata a Bilbao per un Erasmus di sei mesi da affiancare al master. Intanto collabora per qualche “aggregatore di notizie su Internet”, la pagano 3 euro a pezzo. Ed è pure “fortunata” perché solitamente il giornalismo on line non viene retribuito.
Penso ad Alda Fusco, trent’anni tra qualche mese, brillante blogger (ma si sa, il giornalismo on line non paga). Dunque, dopo curriculum mandati a destra e a manca, due anni in cuffia a orchestrare giochi televisivi per “desperate housewives” ha trovato “il posto” in una azienda di packaging. Eppure, dopo nove mesi l’ha mollato. Perchè la collega in maternità, di cui lei era la sostituta, non ha mai mollato lei e… la poltrona. Ha chiuso ed è raggiante: “Sono sollevata! Urge gran restyling psicologico in primis. Il 2012 lo dedico all’autostima: meglio disoccupata che affetta da “sindrome della guardarobiera. Ti piace il programma?” Mi piace sì…
Maria Luisa Agnese, storica penna del Corsera, dall’alto della sua esperienza, afferma: “Lasciamo i posti ai giovani, d’accordo, ma ancora qualche idea ai vecchi“.
di Januaria Piromallo
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