La gente, i cittadini, il popolo, chiamateli come volete, non sanno più a che santo votarsi. Ogni giorno hanno cento motivi in più per essere delusi e indignati. Contro governi che hanno ridotto il Paese nelle condizioni in cui si trova, contro i partiti dai quali non si sentono rappresentati e ai quali non intendono dare né fiducia, né voti.

Resta il presidente della Repubblica, e con lui il presidente Monti e i Carabinieri, che – secondo i sondaggi – ancora riscuotono un po’ di fiducia e di rispetto. Delude la magistratura perché lenta, ma ancora più delude la Chiesa per i nuovi scandali finanziari e lo sconcertante fenomeno dei numerosissimi casi accertati di pedofilia di preti.

La sensibilità dei fedeli è scossa a tal punto da provocare non pochi casi di abbandono. Sarà che il ricco finanziamento pubblico di cui godono le istituzioni ecclesiastiche fa percepire la Chiesa italiana assimilata e sullo stesso livello dei partiti politici? Senza voler mancare di rispetto alle degnissime comunità di fedeli e  pastori , l’immagine che ultimamente la Chiesa-istituzione ha dato di sé attraverso il volto pubblico della Cei, l’ha fatta davvero sembrare un partito come gli altri.

E in effetti del partito ha tutti i connotati: al suo vertice un presidente e un segretario – non eletti ma nominati direttamente dal papa – esercitano pieni poteri amministrativi e politici; duecentocinquanta vescovi e ventottomila parroci sparsi in tutto il territorio nazionale ne costituiscono il braccio sacro ma anche economico; la vastissima rete di giornali, radio e Tv, direttamente o indirettamente finanziati dallo Stato, assicurano una capillare comunicazione in ogni angolo del territorio; il miliardo di euro che ogni hanno lo Stato elargisce al partito-Chiesa, attraverso l’otto per mille dei contribuenti, fa di esso un partito privilegiato rispetto agli altri che sfiorano, tutti insieme, la cifra di 500 milioni di euro da distribuire a ciascuna formazione, piccola o grande che sia, presente o meno in Parlamento.

Un altro miliardo annuo esborsa lo Stato per pagare i “quadri” della Chiesa nominati dai vescovi diocesani, senza concorso, e inviati a coprire le ore di religione nelle scuole di ogni ordine e grado. Altro personale ecclesiastico, inviato dai vescovi a svolgere ministero pastorale nell’esercito e in polizia, negli ospedali e nelle carceri, costa allo stato altri 50 milioni ogni anno. Anche il giornale di “partito”, come può essere considerato Avvenire, e i giornali ecclesiastici locali, sono finanziati con oltre 16 milioni di euro all’ anno.

Come si vede, sono tutti benefici elargiti indiscutibilmente dallo stato al partito-Chiesa in Italia, ma sono di gran lunga superiori a quelli di cui godono discutibilmente tutti i partiti italiani messi insieme. Senza contare i numerosi e pingui finanziamenti di cui gode la Chiesa italiana in aggiunta al finanziamento diretto: scuole cattoliche (261 milioni), oratori parrocchiali (2 milioni e cinquecento mila), esenzioni varie (Ici, Ires, Irap).

Affiancano questi enormi benefici finanziari i cosiddetti “diritti di stola”: sono le tariffe che i fedeli devono versare al parroco per l’amministrazione di ogni singolo sacramento o per le “intenzioni” di Messe. E infine c’è la struttura creata dalla Cei –“Sovvenire”- che raccoglie le offerte volontarie dei fedeli per il sostentamento del Clero che, comunque, già fruisce del discreto stipendio scaricato dal miliardo dell’otto per mille.

A tutto questo peso finanziario non si può non aggiungere il notevole peso ideologico e dottrinale che la Chiesa esercita sul Paese. Attraverso i suoi tantissimi strumenti e soggetti, anche questi finanziati dallo Stato, riesce a far passare per valori sacri “non negoziabili” l’intero armamentario clericale di dottrine, principi e precetti morali che non scaturiscono dal Vangelo ma da consistenti residui del potere temporale.

Negoziabile resta, invece, tutto ciò che ha a che fare con privilegi economici, esenzioni, accumuli finanziari, che rendono l’apparato sacro-clericale saldo e intoccabile più dei partiti. La conferma viene dalle cronache di queste ultime settimane che narrano di fatti e misfatti, scandali e intrallazzi, cricche e corruzioni che hanno rivelato, se ce n’era bisogno, che certe istituzioni ecclesiastiche date per “sacre” sono in verità “profane” quanto gli apparati dei partiti e dello Stato laico.

Con ciò non si vuol negare alla Chiesa il diritto di annunciare e testimoniare, con tutti gli strumenti a sua disposizione, i valori propri del cristianesimo in ordine alla vita e alla morte. Ma le si può chiedere – senza che suoni censura – di non interferire sull’applicazione delle leggi anche quando queste non corrispondono al tradizionale magistero ecclesiastico: leggi sul divorzio, sull’aborto, sulla fecondazione assistita, sul testamento biologico?

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