Punto primo: a proposito dell’Iran.
Andate al terzo capitolo del report Quale via per la Persia? Opzioni per una nuova strategia americana verso l’Iran e leggerete queste righe:

«Una insurrezione è spesso più facile da fomentare e da sostenere dall’estero… Fomentare un’insurrezione, notoriamente, richiede un impegno economico poco oneroso… sostenere di nascosto l’insurrezione consentirebbe agli Stati Uniti di poter negare in modo plausibile di averlo fatto, riducendo i contraccolpi sul piano diplomatico e politico… a differenza di quanto avverrebbe se gli Stati uniti si adoperassero per organizzare un’azione militare diretta… Dopo che il governo sarà per alcune volte finito sotto scacco, ci sarà anche il pretesto per agire.»

Firmato Brookings Institution (think tank senza fini di lucro con base a Washington), data 2009.

Punto secondo: a proposito dell’Iran e della Siria.

I giornali (abbastanza seri) dei nostri giorni ci annunciano, in prima pagina: “Colpire l’Iran: lo scenario divide gli Stati Uniti e Israele” (Le Monde, 13 febbraio, titolo di apertura). Mentre l’International Herald Tribune (11-12 febbraio) mette in apertura di pagina, di nuovo su quattro colonne, una grande foto a colori dell’attentato terroristico che ha fatto saltare in aria il quartiere generale della polizia siriana ad Aleppo. A riprova che l’insurrezione armata contro Bashar el Assad è molto pacifica.

Punto terzo: a proposito di Siria e Al Qaeda.

Il quotidiano conservatore spagnolo Abc del 17 dicembre 2011 pubblica un servizio del fotografo Daniel Iriarte, fan del Free Sirian Army (l’Esercito siriano libero), inviato dal territorio turco al confine con la Siria: “Gli islamisti libici si trasferiscono in Siria per aiutare la rivoluzione”. Riferisce che il Fsa è composto da circa 2.000 armati.

Tra essi, dice Iriarte, ci sono tre libici molto interessanti. Di uno non riferisce il nome, ma bastano gli altri due: Uno è Mahdi al-Herati. Breve biografia: Comandante della Brigata di Tripoli e poi numero 2 del Consiglio Militare di Tripoli. Durante la battaglia di Tripoli, Mahdi al-Herati ha guidato un drappello di Al Qaeda che attaccò l’Hotel Rixos.

L’altro è perfino più importante. Si chiama Adem Kikli, luogotenente di Abdelhakim Belkai, capo del Consiglio Militare di Tripoli, colui che guida la brigata di circa 600 membri di Al Qaeda che militano nell’Esercito Siriano Libero.

Punto quarto: a proposito di Al Qaeda.

L’ex primo ministro di destra José Maria Aznar, ospite del blog della Cnbc, rivelava, il 9 novembre 2011, che Abdelhakim Belhaj era sospettato del coinvolgimento degli attentati dell’11 marzo 2004 a Madrid.

Conclusione: i lettori di questo blog mi daranno atto che non ho atteso i “giornali seri” per dire quello che stava per accadere. Aggiungo un consiglio: tenere gli occhi aperti nelle prossime settimane, perché ne leggeremo e vedremo, sul mainstream, di cotte e di crude. L’importante – prima che si alzino in volo i bombardieri – è non crederci.

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