Le parole di Monti sulla monotonia del posto fisso hanno un solo merito. Portarci avanti nella discussione, togliendoci l’illusione che quando si parla di mondo del lavoro si parli tutti della stessa cosa.

Secondo me il posto fisso, l’ho già scritto, non è la soluzione per tutti e neanche ciò a cui tutti ambiscono.

Ma la questione è: quali sono le condizioni del posto non fisso?

Perché quando Monti parla di monotonia nell’impiego fisso, ha in mente evidentemente come alternativa le opportunità che si dischiudono ad alcuni, secondo me pochi e solo in certe professioni, che scivolano da una posizione a un’altra, con mansioni e redditi migliorativi, con prospettive sempre più ampie.

Ma se io, e temo tanti con me, penso l’alternativa al posto fisso, ho in mente il limbo degli stage che si susseguono, lavori mal pagati, contratti dal fiato corto, mesi alla ricerca di un nuovo impiego senza reddito, o con il minimo che si può ricavare da lavoretti saltuari, e la paura che ad ogni mancato rinnovo si ritorni alla casella di partenza. Dallo stage al contratto a progetto e poi, magari, di nuovo allo stage. Tutto questo in molti casi senza cambiare di una virgola il tipo di mansione. Altro che uscire dalla monotonia.

Allora non è che il posto fisso sia appetibile in sé per tutti, che tutti lo vogliano perché sono pigri di mente o resistenti al cambiamento. Ci saranno anche quelli così. Ma il punto è che il posto fisso condensa una serie di elementi che l’alternativa non ha.  E che quella alternativa non la scegli per sfuggire alla noia, di solito sono gli altri che la scelgono per te.

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