Non basta avere pensione e certezza del posto di lavoro minacciati, adesso Monti vuole anche togliere valore legale al titolo di laurea. E in che modo questo dovrebbe aiutare l’Italia? Dequalificando la preparazione media nazionale o togliendo ulteriori possibilità di lavoro ai padri e alle madri di famiglia laureati che per la crisi restano in mezzo a una strada a un’età in cui sarebbero appetibili per il mercato solo (o quasi) per il loro titolo di studio?

Diciamo intanto che la laurea non la prendono solo i privilegiati. Tante famiglie di agricoltori, operai e impiegati monoreddito hanno investito in un futuro migliore per i figli. Poi ci sono stati tanti studenti lavoratori che, impegnandosi su più fronti hanno raggiunto il titolo di dottore e il salto di qualità nel lavoro che ne conseguiva. Infine c’era chi, grazie ai risultati conseguiti, si manteneva con borse di studio.

Viceversa, molti privilegiati “figli di “ o “amici di” che non avevano voglia di studiare hanno ottenuto senza laurea un posto nell’impresa di papà, in incarichi politici e parapolitici per i quali non serviva la laurea. Accanto a questi c’erano i diplomati che – pur avendo capacità e finanze per frequentare l’università – sceglievano di lavorare subito perchè il lavoro c’era, rendeva indipendenti e consentiva di farsi presto una famiglia. Nulla da ridire su questa scelta, ma che almeno non si punisca (a posteriori) chi ha rimandato di cinque anni l’ingresso nella vita pensando di arrivarci con un bagaglio di qualche valore.

Peraltro tanti laureati hanno quaranta o cinquant’anni e figli da mantere e sono quelli già traditi perchè i loro contratti a tempo indeterminato non lo sono più, le promesse dell’industria sono cadute con la crisi e con la globalizzazione dei mercati, e i governi recenti hanno innalzato di una decina d’anni il momento della pensione. E si parla pure di abolire l’articolo 18 in modo che, se non più molto produttivi causa l’età, o non proni a tutti i desiderata del capo (compresi quelli illegali) possano essere buttati via e sostituiti con “carne fresca”.

Fra l’altro, senza valore legale del titolo sarebbe possibile infilare i raccomandati in ogni incarico per il quale prima almeno l’assenza di laurea costituiva un impedimento. In questo caso non si premierebbe il demerito?

Ha senso una consultazione? Paradossalmente, se un paese fosse costituito per il 90% da analfabeti, l’esito della consultazione sarebbe scontato e dopo qualche anno il livello culturale scenderebbe ulteriormente, perchè alcuni non se la sentirebbero di studiare e ritardare l’ingresso nel mondo del lavoro per essere comunque equiparati a chi non abbia conseguito la laurea, mentre le famiglie non benestanti sarebbero demotivate dal fare sacrifici per un titolo che ha perso valore legale.

Un governo tecnico nei pochi mesi del suo mandato dovrebbe occuparsi di emergenze, non di riforme che possono fare danni irreversibili. Ma qualsiasi governo che non voglia preparare il terreno a una dittatura dovrebbe operare affinché la cultura del paese migliori e sotto il profilo economico dovrebbe operare perché sia sempre più qualificato e competitivo.

Se lo scopo è, come sembra, evitare che qualsiasi soggetto privato possa conferire un titolo di studio con contenuti inadeguati, che lo Stato introduca degli standard minimi per chi fa formazione universitaria, non si annulli ancora una volta un valore per quelli che hanno già dato! Se invece lo scopo è ridurre (ancora!) le borse di studio, tagliare (ancora!) sulle facoltà e sui docenti universitari (che sarebbero ridotti in numero in conseguenza delle minori iscrizioni), allora il metodo è perfetto.

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