Pubblichiamo il terzo appuntamento con il reportage di Enrica Garzilli dal Mozambico. Qui potete trovare le due puntate introduttive: 1- Dalla dominazione Portoghese alla dipendenza dalla Cina. 2- Un Paese con poche regole e in cerca di un’identità. Questo articolo fa invece riferimento agli interessi economici italiani.

L’Italia è molto presente in Mozambico, specialmente in due settori: gas e organizzazioni umanitarie. Il Ministero degli Affari Esteri, principalmente la Direzione Generale della Cooperazione Italiana allo Sviluppo, è responsabile della supervisione della cooperazione nei Paesi in via di sviluppo. Benché generalmente non sia coordinata con gli altri donatori internazionali né finanzi dei programmi collettivi, un po’ per i drastici tagli al budget e un po’ per i regolamenti restrittivi, fa eccezione con il General Budget Support Programme in Mozambico, che lavora in accordo con le direttive del Performance Assessment Framework del Mozambico. I soldi erogati sono cicli di 12 milioni di euro ogni tre anni. Il personale è metà italiano e metà mozambicano. “Il beneficio indiretto è evidente” dice Giovanni, la mia fonte vicina al governo italiano. Da decenni lavora in Africa e da qualche anno si è stabilito in Mozambico. “Sediamo al tavolo del governo mozambicano e abbiamo il polso della situazione politica ed economica del paese. Abbiamo degli interessi in Mozambico perché c’è tutta una serie di piccole aziende italiane che ci lavora. Ma la più grande impresa italiana sul territorio è l’Eni, e ora conta molto”.

Il 20 ottobre l’Eni ha annunciato di aver scoperto a circa 40 Km dalla costa di Capo Delgado, nel nord del Mozambico, un enorme giacimento di gas naturale, molto più grande di quello scoperto dagli Stati Uniti e uno dei più ricchi dell’Africa. I giacimenti appartengono al Mozambico ma l’Eni prende la percentuale sulla vendita del prodotto lavorato. “Il gas scoperto dall’Eni cambierà il paese” dice Giovanni, la mia fonte vicina al governo italiano. “Ufficialmente il campo scoperto il mese scorso è il più grande e il più ricco del Mozambico. Secondo gli accordi internazionali gli Stati Uniti, che hanno il campo vicino, si devono mettere d’accordo con chi ha il giacimento più grande, quindi a tutti gli effetti l’Eni comanda”. Il giacimento sarà operativo in 5-6 anni con un investimento di 20 miliardi di dollari, che secondo Giovanni è una cifra troppo bassa. Serve infatti un treno di liquefazione, cioè un processo per cui il gas naturale, composto principalmente da metano, dopo l’estrazione e l’eliminazione delle impurità viene raffreddato, trasformandosi in liquido e riducendo di 600 volte il volume. Così può essere facilmente stoccato in serbatoi e trasportato per lunghe distanze per essere poi rigassificato e distribuito nei mercati finali di consumo. “I benefici della nostra presenza in Mozambico, ora che c’è l’affare Eni in ballo, sono evidenti. Sediamo allo stesso tavolo con i potenti del Frelimo e con quelli del governo per lo sfruttamento dei giacimenti di gas e abbiamo tutti gli interessi a starci” dice Giovanni. Il 20 dicembre 2011, nel suo discorso annuale all’Assemblea della Repubblica, il parlamento unicamerale mozambicano, il presidente Armando Guebuza ha auspicato un incremento della produttività e della competitività internazionale diminuendo i tempi di produzione e le risorse e ha annunciato la scoperta di altri giacimenti.

“Nonostante la contrazione dell’economia mondiale, il Mozambico ha continuato a godere della fiducia dei grandi investitori nazionali e stranieri”. Una delle grandi risorse che attraggono capitali esteri è lo sfruttamento del sottosuolo come l’espansione dei giacimenti di uranio nel distretto settentrionale di Moma da parte della compagnia irlandese Kenmare Resources, la preparazione per la produzione su larga scala dei fertilizzanti dai depositi di fosfati nel distretto di Monapo, nel nordest, e appunto la scoperta appunto della grande quantità di gas naturale nel giacimento al largo della costa della provincia di Cabo Delgado, quello cura dell’Eni. Per lo sfruttamento del giacimento “gigante” l’Eni è l’operatore dell’Area 4 Offshore con il 70% di interessi. Comproprietari sono la portoghese Galp Energia al 10%, la sudcoreana Kogas al 10% e la mozambicana-sudafricana Enh, sempre al 10%. In pratica, l’Italia domina la situazione. Il gas verrà lavorato e parte venduto nel paese, parte esportato. Secondo Guebuza, a medio termine lo sfruttamento del campo alzerà notevolmente il livello di vita della popolazione. E come ha commentato informalmente l’ambasciatore italiano Carlo Lo Cascio, “ora dal Mozambico non ce ne andremo più”.

L’annuncio ufficiale dello sfruttamento del sottosuolo e l’investimento nelle risorse naturali, incluso le foreste, hanno come scopo l’industrializzazione del Mozambico. Pochi giorni prima del discorso di Guebuza la stampa ha dato largo spazio alla notizia della lieve diminuzione dell’incidenza dell’epidemia di Hiv/Aids. Situazione politica stabile, enormi ricchezze del sottosuolo, epidemia di Hiv/Aids in diminuzione: tutti i requisiti perché il paese si trasformi in breve tempo da miniera a cielo aperto a terra di conquista da parte degli investitori internazionali. Lo sfruttamento delle risorse e l’incremento della produttività dovrebbero contribuire a combattere la povertà. Certo è che dopo qualche giorno che sono arrivata sulle spiagge fuori Maputo vedo il primo venditore di ciambelle e animali per bambini di plastica, ma per ora chi può permettersi di comprarli sono solo gli occidentali. I figli dei ricchi locali non vanno neanche a passeggio sulle spiagge dove va il popolo. Passano sul lungomare, nei ristoranti portoghesi, strombazzando e facendosi largo in jeep nuove fiammanti o in auto di rappresentanza.

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