“Quella norma del decreto liberalizzazioni a noi sembra applicabile a una sola grande opera: il nuovo porto di Vado Ligure”, parola di Francesco Nerli, presidente di Assoporti, l’associazione che riunisce le autorità portuali italiane. Ma c’è un altro punto: il progetto di Vado che vede tra i principali finanziatori (con 100 milioni di euro) la Biis, fino a pochi mesi fa guidata da Mario Ciaccia, oggi viceministro alle Infrastrutture. Non solo: la Banca Infrastrutture Innovazione e Sviluppo (Biis, appunto) fa capo al gruppo Intesa, di cui era numero uno Corrado Passera, oggi ministro dello Sviluppo economico con delega alle Infrastrutture. Quella che sembra una polemica del mondo dei porti si rivela un altro capitolo del potenziale conflitto di interessi degli ex manager di Intesa. A Genova e in altri grandi porti italiani qualcuno, scherzando, definisce la nuova norma una legge “ad bancam”.

Il porto di Vado è oggetto da anni di polemiche al calor bianco. Un colosso di 210 mila metri quadrati (costo 450 milioni, previsti 700 mila container l’anno). La politica si è in gran parte espressa a favore, così come il mondo dell’impresa. Ma la popolazione è contraria, tanto che il sindaco Attilio Caviglia ha vinto le elezioni con una lista trasversale sconfiggendo centrodestra e centrosinistra che erano favorevoli. Vado, come ha scritto in passato il Fatto Quotidiano, è stata per decenni sede di industrie inquinanti. Il paesaggio oggi è dominato dalle ciminiere alte 200 metri della centrale elettrica Tirreno Power, che da quarant’anni brucia fino a 5 mila tonnellate di carbone al giorno. La nuova piattaforma portuale, grande quanto trenta campi da calcio, secondo molti rischia di essere una pietra tombale sull’ambiente.

Ora la polemica diventa politica. E arriva al governo. Al centro della questione l’extra-gettito Iva, un’agevolazione destinata a finanziare nuove infrastrutture anche portuali. Spiega Nerli: “In pratica gli scali in via di costruzione dovrebbero generare nuovi traffici e produrre un gettito extra di Iva. La legge prevede che il 25 per cento delle nuove entrate sia destinato a chi realizza le opere”. Non parliamo di bruscolini, ma di centinaia di milioni di euro. I porti italiani con le loro imposte (essenzialmente l’Iva) ogni anno portano allo Stato 2 miliardi di euro. L’idea di puntare sull’extra-gettito era nata con il governo Prodi nel 2007. Giulio Tremonti pareva non amarla. Adesso è stata rispolverata dal decreto Monti.

Ma ecco il punto: “La nuova disciplina si riaggancia a quanto stabilito da Berlusconi a novembre. In pratica si dice che saranno favorite le nuove infrastrutture ‘le cui procedure sono state avviate … e non ancora definite’. Questa descrizione si applica a un solo caso: la piattaforma Maersk di Vado”, sottolinea Nerli. Qui ecco l’aggiunta del governo Monti: “Il precedente governo non faceva cenno all’extra-gettito, che è previsto nel decreto liberalizzazioni”. Ma soprattutto: “Il meccanismo prevede che il gettito Iva finisca direttamente alle società di progetto, cioè ai privati e che il soggetto pubblico (le autorità portuali) sia scavalcato”. In concreto, secondo un operatore portuale ligure che non vuole essere citato: “Beneficiaria della legge sarebbe l’Ap Moeller (del colosso Maersk), che utilizzerebbe le risorse per restituire i finanziamenti alle banche, tra cui Banca Intesa“. Niente di illegale, ma riemerge il potenziale conflitto di interesse. E una questione di opportunità.

“Noi non siamo contro l’extra-gettito e nemmeno contro Vado, ma non capiamo perché la legge debba riferirsi a poche opere, anzi, sembrerebbe a una. E non capiamo perché i soggetti pubblici debbano essere tagliati fuori. Perché non prevedere che le agevolazioni sull’Iva siano stabilite, caso per caso, dalle autorità portuali?”, si chiede Nerli. Ma la norma affogata nel mare del decreto liberalizzazioni suscita preoccupazioni anche nei porti vicini a Vado (che fa capo all’autorità portuale di Savona). Raccontano tra Genova e La Spezia: “Il meccanismo dell’extra-gettito era stato studiato in periodi di vacche grasse, pensando che un nuovo porto soffiasse traffico ai porti stranieri. Oggi siamo in crisi, nuovi traffici non se ne prevedono, e Vado potrebbe ‘rubare’ container agli scali vicini”.

Non solo: l’extra-gettito prevede nuovi traffici. Se Savona con le sue agevolazioni togliesse container a Genova e alla Spezia, si ridurrebbero anche gli incassi per lo Stato. La bolla del traffico marittimo rischia di scoppiare: nel Nord Europa il problema della over-capacity ha provocato una guerra di carte bollate contro l’ampliamento dei porti di Rotterdam e Southampton. Le navi da trasporto inutilizzate sono passate in pochi mesi da 210 a 268 (+ 27 per cento).

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