“La Apple ha fatto molti progressi per migliorare le fabbriche negli ultimi anni, dotando i fornitori di un codice di condotta che definisce le norme in materia di lavoro, misure di sicurezza e altre regole”: si difende così la società di Cupertino, dopo che 13 dipendenti si sono tolti la vita solo nel 2010 nella fabbrica elettronica Foxconn di Shenzhen (Cina). Orari di lavoro eccessivi, minori tra i lavoratori, nessuna considerazione per le condizioni di salute e per i materiali nocivi utilizzati nella produzione. Sono queste le condizioni dei lavoratori che assemblano gli iPad e gli iPhone in quelle zone, secondo una lunga inchiesta pubblicata dal New York Times.

Le accuse però non sono nuove. L’articolo parte dall’esplosione del maggio scorso in una fabbrica della Foxcom a Chengdu, nel sud della Cina, in cui morirono almeno due persone, e molte altre rimasero ferite. Ma quello non fu l’unico episodio, ricorda il Nyt. Due anni fa, 137 operai in una fabbrica di fornitori della Apple rimasero feriti dopo che gli fu ordinato di usare una sostanza chimica per pulire gli schermi dell’iPhone. Nel maggio 2010, Li Hai, diciannovenne, dopo un mese e mezzo dall’assunzione si è gettato dal tetto di uno dei padiglioni del complesso. Ma i dirigenti hanno sempre minimizzato l’accaduto, parlando di un’epidemia di “delusioni d’amore.

Il quotidiano ha descritto nei dettagli anche la durata dei turni del personale, fino a 24 ore, sei giorni su sette, 12 ore per turno, punizioni per i ritardatari, costretti a scrivere umilianti lettere di scuse, dormitori affollati all’inverosimile. L’azienda fondata da Steve Jobs, ha varato in passato un codice di condotta che vieta di servirsi di aziende che impongono metodi di lavoro disumani. Ma, dai rapporti che la stessa società di Cupertino ha reso pubblici, risulta che dal 2007 oltre la metà dei fornitori ha violato almeno una delle norme previste dal codice.

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