Al collasso delle carceri emiliano romagnole sembra non esserci fine. Chiude oggi il carcere di Modena per lavori di ristrutturazione e 80 detenuti vengono “sfollati” direttamente nel carcere di Parma, facendo duplicare il numero dei carcerati rispetto a quello previsto come regolamentare.

E’ un vero e proprio grido di allarme quello che arriva dalla presidente della commissione regionale delle politiche per la salute, nonché consigliere regionale di Rifondazione Comunista, Monica Donini: è proprio lei che dal 2008 segue la salute dei carcerati, diventata di competenza dell’Ausl e non più del ministero di Grazia e giustizia. Ed è proprio lei che martedì pomeriggio, accompagnata da Pietro Paolo Piro (Prc Parma) e Beatrice Salvadori, dell’associazione Liberarsi, ha voluto visitare la struttura di via Burla.

Con numeri e risultati che parlano da soli: il carcere di Parma ha una capienza regolare di 382 posti, ma in realtà, da oggi, avrà 631 detenuti, ovvero il doppio. La pianta organica degli agenti di polizia penitenziaria sarebbe di 479 unità: in realtà sono assegnati 400 posti e in servizio ce ne sono 316 (il tutto calcolato per 382 carcerati, e non certo il doppio). La situazione all’interno del carcere di Parma è critica: sovraffollamento, mancanza di personale, strutture sanitarie e riabilitative esistenti ma mai utilizzate. E la situazione sta per peggiorare: da domani, faranno il loro ingresso nella casa circondariale di via Burla altri 80 detenuti provenienti dal carcere di Modena.

“Le criticità di Parma sono quelle che purtroppo si vedono ovunque perché è una piaga dell’Italia – spiega la Donini – Ci sono il doppio di carcerati e pochissimi operatori, tanto che non si possono portare a termine progetti sanitari, di istruzione, di recupero. Servirebbero 9 educatori: ce ne sono 3, così come di psicologi”. E’ necessario poi un cambiamento di cultura: “Molti vogliono ignorare lo status dei carcerati, in quanto persone colpevoli ma non è così – prosegue Donini – dei carcerati di Parma 379 hanno già ricevuto una condanna definitiva, 93 sono in attesa della sentenza di primo grado, 43 di quella di secondo e 36 di terzo. Ovvero 172 persone sono ancora innocenti”.

E non solo: il carcere di via Burla in Emilia Romagna è unico per la sua vocazione sanitaria: “Esiste il centro diagnostico terapeutico che fa capo all’Ausl (quello per cui è stato trasferito a Parma Provenzano, ndr) che non funziona: non si riesce a farlo partire, perché c’è carenza di personale sanitario e sono cambiati i modi di somministrazione dei servizi”. Il tutto in una casa circondariale che ospita 83 tossicodipendenti, 4 sieropositivi (di cui 31 con epatite C), 61 con patologie psichiatriche e 9 paraplegici (unica struttura in Italia).

“Senza contare che ci sarebbe un centro di riabilitazione, con piscina e tutto, completamente inutilizzato – conclude la Donini -, mangiato dalle ragnatele e dalla polvere: serve assolutamente l’intervento delle istituzioni, che devono creare una rete con le associazioni di volontariato”.

La struttura di via Burla pur essendo regionalmente unica sotto molti aspetti (non ultimo è l’unico carcere di massima sicurezza), presenta numeri sconcertanti. Sovraffollamento esasperato e cronica mancanza di personale avevano provocato l’11 dicembre scorso una rivolta nella casa circondariale di via Burla con violente proteste da parte dei carcerati sfociate nell’incendio di lenzuola, lanci di bombolette di gas e cibo al di là delle sbarre, e l’intossicazione di un agente penitenziario.

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