Che noia. Undici scontatissimi giorni per arrivare a Djokovic-Murray e Federer-Nadal. Tanto valeva cominciare direttamente da qui.
Sono i primi quattro al mondo, quindi avremo due semifinali paragonabili a un The Best Of. Il meglio del loro meglio. O del loro peggio, son gusti. Non tutti conoscono pregi e difetti dei quattro Fab Non Four. Eccone una breve descrizione.

Djokovic. Serbo. Numero 1 al mondo. L’anno scorso non ha perso quasi mai. Capelli a metà tra il Tassotti d’antan e Augusto De Megni. Non si spettina mai, neanche nella galleria del vento. Situazionista del chiagne e fotte, artista estremo del medical time out, se vede che rischia di perdere chiama il medico (e spezza il ritmo dell’avversario). Se non riesce a spezzarlo, si ritira (qui i tifosi – tre in tutto il mondo – si arrabbiano e dicono che non è vero. Gne gne gne). Fuori dal campo è un bravo imitatore dei colleghi e, quando capita, va a fare il finto simpatico da Fiorello o Letterman. In campo è un aguzzino efferato, che esulta con gli occhi sgranati e si compiace delle urla invasate (sue e della famiglia al seguito). Si allena dentro un uovo (non è una battuta). Tende a respirare con ostentata sofferenza, come in perenne apnea (per alcuni ha problemi di ossigenazione, per altri è il solito attore). Prima di servire, fa rimbalzare la palla 712 volte. E’ un metronomo, un geometra, un cyborg. Non ha punti deboli (ma neanche vette accecanti) e può perdere solo se gli finisce la benzina. Non è divertente, non è vario. Ma è forte, vincente e (malamente) carismatico. Perché tifarlo: Perché ha interrotto il Duopolio Indesit-Mutanda. Perché non tifarlo: perché è un Lendl sotto mentite spoglie. E tifare Lendl era e resta una perversione irricevibile.

Murray. Scozzese (ma quando vince lo tifano anche gli inglesi). Vampiro Hooligan, esultanza cattiva, madre ultrà al seguito che si esibisce in espressioni a metà tra il Galliani livoroso e l’urlo di Munch in cerca di una bocca. La sua dentatura è una dimostrazione di chiaro sadismo celeste. Per gli esegeti – quattro, compresi i parenti – è il nuovo Mecir, per chi ha anche solo un minimo di oggettività è la brutta copia di Wilander. Forte coi deboli, debole coi forti (soprattutto 3 set su 5). Perché tifarlo: perché ognuno ha diritto alle sue perversioni (infatti è allenato da Lendl). Perché non tifarlo: c’è proprio bisogno di essere didascalici?

Federer. Svizzero. Algido, impeccabile, perfetto. Se fosse un’amante, sarebbe frigida. Se fosse un pilota, sarebbe Michael Schumacher. Se fosse un disco, sarebbe i Genesis senza Peter Gabriel. Il tennista più intoccabile degli ultimi dieci anni: guai a criticarlo o sbeffeggiarlo. Tanto forte (lo è) quanto asettico. Indesit, Frigo, Frigidaire, Re Piangina. Vanta (come no) i tifosi più queruli, ripetitivi e permalosi dell’universo mondo, i cosiddetti “federasti”, per i quali “Federer è Il tennis” (detto anche Il Postulato dell’Ignoranza). Ha vinto per anni giocando da solo (i suoi avversari tipo erano Hewitt, Pihilippoussis e il Mago Oronzo). Non appena ha incontrato un giocatore vero (Nadal), ha puntualmente cominciato a perdere. Il suo tennis è una continua elargizione di stile: forma senza contenuto, bello senz’anima. Il carisma non lo ha mai intaccato. In nome del culto per la vittoria, ha maledetto i sui inizi iconoclasti (era un buffissimo spacca-racchette) per divenire  insensibile collezionista di record. E’ dotato di un solo ormone e, per questo, ha sposato l’avvenente Mirka Vavrinec. Quando perde, frigna (le lacrime dopo aver perso gli Australian Open resteranno uno dei momenti più esilaranti nella storia dell’umanità). Dopo anni di dittatura buonista, sta vivendo l’autunno del patriarca: il suo tentativo di restaurare la Repubblica di Salò-Basilea è prossimo alla realizzazione. Perché tifarlo: perché dire “io amo Federer” è chic, cool e trendy. “Fa figo”, come i film di Kiarostami (già che ci siete, quando dite che lo amate, citate anche David Foster Wallace). Perché non tifarlo: perché per troppi anni ha trasformato il tennis in un lungo, devastante e ammorbante atto onanistico.

Nadal. Spagnolo. Perennemente accusato di doping (ma non ci sono prove). Pieno di tic, compulsivo ossessivo, si smutanda orrendamente tra uno scambio e l’altro. Perde tempo quando deve servire, una delle sue molte “scorrettezze legalizzate”. Arrotino post-moderno, antiestetico e fiero di esserlo, capace però di vincere ovunque (non solo su terra). Ha l’immenso pregio di essere stato l’unico a rapportarsi a Federer senza pietosi vassallismi o pavidi sensi di inferiorità. Lo allena lo zio. Dopo anni da maratoneta infallibile, sta mostrando la corda. Perché tifarlo: perché ha interrotto gli sbadigli. Perché non tifarlo: perché l’estetica è un’altra cosa.

Come finirà? Djokovic-Federer, entrambi in 4 set. Ma sono match aperti. Djokovic 60%, Federer 65%. In finale? Per me vince Federer e per una settimana riparte la grancassa del “più grande di tutti i tempi” (ronf). Auguri.

(Nella foto Roger Federer, LaPresse)

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