“Porta Portese è una sorta de Cambogia. Una jungla senza regole’”. Maurizio Cavalieri, presidente dell’associazione operatori di Porta Portese non usa giri di parole per esprimere l’esasperazione dei commercianti di uno dei mercati storici più famosi al mondo.

Risale al 1959 l’ultimo atto amministrativo dello storico emporio romano nato nell’immediato dopoguerra come nuova sede della borsa nera che si teneva a Campo De Fiori. Secondo il censimento del 2008 erano 1100 i venditori ambulanti, ma attualmente sarebbero almeno 1350: oltre 500 quelli con licenza, anche se in alcuni casi assegnate senza bando; circa 730 sono invece i “frequentatori abituali” definiti, loro malgrado, “tollerati”. “Siamo tollerati, ma in qualsiasi momento potremmo esser cacciati via. Perché essere abusivi significa essere senza diritto e senza tutela”, spiega ancora Cavalieri. Eppure l’amministrazione comunale “solo con i permessi domenicali – continua Cavalieri – potrebbe recuperare oltre un milione di euro l’anno”. Senza permessi, ma anche senza doveri fiscali. Si definiscono infatti “condannati all’evasione” e rivendicano: “Vogliamo pagare”.

Eppure la situazione è la stessa da 50 anni. Anzi, è peggiorata. A pesare sull’umore già nero degli ambulanti, la “concorrenza” dei rom che, dopo l’orario ufficiale di chiusura vengono qui a vendere il frutto del rovistaggio nei cassonetti. “Il controllo dei vigili c’è fino alle 14. Ora sono passate ed è nato un altro mercato, abusivo come il nostro”, denunciano.

Qualcosa però si sta muovendo. Il dialogo con l’Assessore comunale al Commercio, Davide Bordoni, è aperto e l’annosa questione è finita nelle mani di una Commissione mista Comune-Municipio XVI. Bocciata l’ipotesi di una collocazione alternativa, gli operatori chiedono la creazione di un’associazione che legittimi i venditori storici dell’usato: unica garanzia per far sì che chi viene autorizzato, sia vincolato a commercializzare rigorosamente solo l’usato e che Porta Portese conservi la sua originaria vocazione di mercatino delle pulci.

di Livia Parisi

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