Mentre l’Assemblea nazionale del Pd ha cestinato, sabato scorso, l’ordine del giorno sulle primarie per i parlamentari, l’organizzazione giovanile del partito – che già nel lontano maggio 2009 aveva seppellito in fretta e furia le consultazioni con i simpatizzanti per eleggere i propri organismi dirigenti, scegliendo un congresso ristretto ai soli tesserati – in questi giorni è costretta a misurarsi con la bocciatura del proprio regolamento congressuale da parte della Commissione nazionale di Garanzia. Per i vertici dei Giovani democratici è stato un piccolo terremoto,  visto che l’organismo presieduto da Luigi Berlinguer ha detto chiaro e tondo che le norme stabilite dalla direzione nazionale degli Under 30 presentano “alcune violazioni dei principi fondamentali di democrazia e partecipazione che rischiano di rendere illegittimo il percorso congressuale”.

Non è una grana da poco per il segretario uscente Fausto Raciti, bersaniano di fede dalemiana, che a fine dicembre era riuscito a far approvare un regolamento blindato che riabilitava il “congresso a tesi”, ovvero una relazione unica presentata dall’esecutivo uscente che i vari livelli territoriali (cittadino, provinciale e regionale) avrebbero poi potuto emendare, fino alla platea nazionale. Con questa impostazione gli iscritti dei circoli non hanno la possibilità di eleggere direttamente il segretario, ma solo di selezionare dei delegati, i quali andranno a far parte di assemblee che avranno il compito di nominare i nuovi vertici. Con questo metodo il segretario viene eletto da qualche centinaio di quadri, molto più “controllabili” dai capibastone delle varie correnti rispetto alle decine di migliaia di tesserati.

Gli iscritti avrebbero potuto scegliere direttamente il nuovo leader solo nel caso in cui si fosse fatto vivo uno sfidante. Ma le nuove norme non favorivano la “discesa in campo” di altri candidati, visto che chiunque avesse voluto presentare una mozione alternativa avrebbe dovuto raccogliere in soli tre giorni (“dal 20 al 23 dicembre”) “le firme del 33% della direzione”. Eppure, alla fine, uno sfidante c’è stato: un altro bersaniano, Brando Benifei, ex responsabile Esteri del movimento. Ma viene estromesso subito, perchè ha presentato la sua mozione cinque giorni dopo la chiusura dei (rigidissimi) termini previsti dal regolamento. “Anche Raciti però ha presentato le sue tesi in ritardo, il 21 dicembre anziché il 20”,  ha obiettato il candidato escluso, che è ricorso prima alla Commissione garanzia dell’organizzazione giovanile e poi a quella del partito.

E i garanti dei “grandi” hanno bloccato tutto: il regolamento non è democratico e deve essere modificato per allargare la partecipazione. La palla è tornata alla Commissione di garanzia junior. Probabile a questo punto che si vada verso la classica conta per mozioni o, quantomeno, a un congresso per tesi contrapposte. Presentare una candidatura poi dovrebbe essere molto più accessibile: basterà ottenere una ventina di firme dei membri della Direzione nazionale (sono oltre 150) o, in alternativa, millecinquecento sottoscrizioni tra i tesserati.

I termini ovviamente saranno riaperti. Con la possibilità che, a questo punto, i candidati siano più di due. Oltre a Raciti e Benifei infatti in questi giorni sta prendendo quota la possibilità di una candidatura “anti-dalemiana”, che parta da dirigenti di area franceschiniana e popolare e si estenda a bersaniani delusi, veltroniani e lettiani. A tirare le fila della nuova cordata sono in due: Filippo Silvestri, presidente della Direzione nazionale, vicino al capogruppo democratico alla Camera e Salvo Nicosia, segretario dei Gd siciliani, legato a Fioroni. Silvestri è il primo firmatario di un documento che chiede innanzitutto maggiore partecipazione interna, con la possibilità di restaurare – non subito, ma dal prossimo congresso – le primarie tanto frettolosamente archiviate. “Se non le avessimo mai abolite oggi, probabilmente, ci saremmo sottratti a questi stillicidi pubblici e privati – spiega – A questo punto l’importante è che il congresso sia il più aperto e partecipato possibile”.

Non tutti i dirigenti che hanno sottoscritto il documento però vorrebbero dare vita a una terza mozione. Molti spingono per creare un fronte comune contro Raciti insieme a Benifei, che proprio nelle prossime ore presenterà un nuovo documento politico con l’obiettivo di raggranellare nuovi alleati.

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