“Il congresso si farà presto”. Lo ha sancito mercoledì sera Umberto Bossi chiudendo il comizio al teatro Apollonio di Varese: “Domenica dopo la manifestazione facciamo il consiglio federale e parleremo di queste cose”. Non ha detto molto sui problemi della Lega, il Senatùr si è limitato ad ammettere di avere un temperamento focoso: “Ma so capire cosa è bene e cosa è male, non mi faccio convincere facilmente”.

Chi non ha usato mezzi termini, abbandonando il proverbiale aplomb è stato Roberto Maroni che ha chiesto apertamente l’espulsione di Marco Reguzzoni: “In questi giorni forse c’è qualcuno che mi vorrebbe fuori dalla Lega – ha detto – ma credo che dovrebbe essere qualcun altro ad essere cacciato dalla Lega”. L’ex ministro dell’interno non ha fatto nomi, ma li ha fatti il pubblico, che si è lanciato in grida di giubilo di fronte alle esternazioni del loro idolo. Grida entusiaste che nell’atrio del teatro sono state declinate in slogan chiarissimi: “Reguzzoni fuori dai Maroni”.

L’atmosfera al teatro Apollonio di Varese è quella delle grandi occasioni, ma chi si aspettava l’incoronazione di Roberto Maroni forse è rimasto un po’ deluso. Al momento è stata rinviata, ma c’è da giurarci, qualcosa è cambiato e anche Bossi se ne è accorto. Al suo ingresso nella grande sala del teatro varesino i 1200 militanti presenti in sala e gli oltre 500 che assistevano dall’esterno, hanno scandito il suo nome all’unisono, ma il grido più grande, l’applauso più lungo, l’abbraccio più forte, è stato quello per Roberto Maroni. “Bobo, Bobo”, hanno urlato tutti sventolando bandiere, comprese quelle dell’Insubria (simbolo inviso a Bossi).

La serata è stata aperta da un filmato alla “amarcord”, un montaggio di vecchi comizi e immagini del Capo assieme a Maroni. Sul palco assieme a loro anche Roberto Calderoli, il sindaco di Varese Attilio Fontana e il presidente della provincia Dario Galli. I discorsi di questi ultimi sono stati tutti tesi alla coesione, Fontana e Galli non hanno risparmiato critiche a Reguzzoni e a tutti quelli che non hanno capito che Bossi non è in discussione.

Quando ha preso la parla Maroni il teatro è stato riempito da un vero e proprio boato “La Lega è la mia casa e lo sarà per sempre – ha detto -. Ma stasera qualche cosa la devo dire. Questa è una serata di reazione all’ordine di non partecipare ai comizi. Un ordine che non mi meritavo. Una cosa che mi ha ferito. Il dolore è durato poco grazie ai militanti. Da loro è arrivata una reazione che mi ha commosso”. Poi Maroni ha ringraziato Bossi per la presenza. “Questa cosa brutta che mi hanno fatto non è venuta da lui ma da qualcun altro. Hanno detto che sono invidioso e che ho bisogno di visibilità… io? Invidioso di uno che abita a Busto Arsizio?”. Dopo gli applausi ha continuato: “Considero chiusa la vicenda ma faccio un appello a Bossi: queste cose ci dividono. Probabilmente sono altri che mi vorrebbero fuori dalla Lega”. Ed è a questo punto che Maroni ha chiesto la testa del capogruppo alla camera Marco Reguzzoni, senza nominarlo, ma facendosi capire: “Sono altri che dovrebbero essere buttati fuori dalla Lega”. Altra ovazione.

Maroni ne ha anche per il sindacato padano di Rosy Mauro, in uno dei passaggi del suo discorso dice infatti chiaramente che la Padania ha bisogno di “un sindacato vero”.

Insomma, Maroni parla già da leader e sono in tanti a riconoscergli sul campo un ruolo che dovrà conquistarsi nei congressi dove, pare di capire, verrà ingaggiata una battaglia all’ultimo colpo.

In sala, assieme ai sindaci e ai deputati partiti anzitempo da Roma per partecipare alla serata c’era anche Matteo Salvini che ha ribadito le parole che aveva già espresso in giornata: “Probabilmente nel partito, c’è qualcuno che ha nostalgia di Arcore. Ma come si fa a stare con un partito che un giorno sì e un giorno no gliene arrestano uno?”.  E sul congresso del Carroccio dice: “Aiuta la Lega a crescere, magari a litigare ma poi a ricompattarsi. Meglio chiarire le cose alla luce del sole”. E sulle dimissioni di Reguzzoni da capogruppo alla Camera: “Lo vuole la maggioranza dei deputati”.

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