Treviglio, Bergamo. Una macelleria espone il cartello «Macelleria italiana. Siamo italiani!», accompagnato dalla bandiera tricolore. Molti, in città e su Internet, dove la polemica si diffonde, accusano di razzismo i due giovani che gestiscono la macelleria. I macellai invece – di origine calabrese – rispondono che il cartello è stato appeso perché in città giravano voci che loro fossero marocchini o albanesi, che importassero la carne e la macellassero con metodo islamico (halal). Secondo loro la gente non entrava più a comprare perché, in qualche modo, non si fidava della loro carne.

D’altra parte c’è pure chi considera «discriminatorie al contrario» le accuse piovute sui macellai, come dire: gli altri possono scrivere «macelleria islamica», noi italiani invece non possiamo dire «macelleria italiana»

Credo che la difesa del cartello da parte dei due giovani sia debole. Nel momento storico che viviamo, infatti, con le polemiche recenti su quanto siano o non siano razzisti gli italiani, il cartello si presta a letture discriminatorie nei confronti di altre etnie, sia dentro che fuori Treviglio. Da quel che so, Treviglio è il comune della provincia di Bergamo con la più alta percentuale di immigrati stranieri dopo il capoluogo: Wikipedia dice che sono quasi il 10% dei residenti e vengono soprattutto da Albania, Egitto, Marocco e Romania. Ora, per quanto numerosi, sono sempre minoranze, che per giunta incontrano spesso (se non a Treviglio, nel resto d’Italia) difficoltà di integrazione.

Dunque l’obiezione di chi considera «discriminatorie al contrario» le accuse piovute sui macellai non tiene. Il cartello «Macelleria italiana. Siamo italiani!» (con tanto di punto esclamativo) potrebbe essere considerato alla pari di un cartello che dicesse «macelleria islamica» o «macelleria albanese», solo in una società perfettamente pacificata e paritetica dal punto di vista dei rapporti fra le diverse etnie, razze e religioni. Una situazione che possiamo sognare, ma che per ora in Italia non c’è.

A sentire le dichiarazioni dei due giovani macellai e dei cittadini che li hanno sostenuti realizzando addirittura un video, le loro intenzioni non erano né razziste né discriminatorie. Ma quel cartello è andato a toccare un nervo scoperto della nostra società, un punto dolente su cui gli italiani sono divisi.

Perciò appenderlo è stato un atto di ingenuità, nel senso che non credo si aspettassero di essere accusati di razzismo. Ma certo volevano far leva su un desiderio che considerano diffuso a Treviglio: mangiare carne «macellata in Italia» e non altrove. Con tutti gli impliciti che gli altri abitanti di Treviglio (e molti italiani), se non loro, aggiungono al concetto di «carne macellata in Italia»: più adatta a certi tipi di cottura, più buona, ma anche più controllata dal punto di vista igienico, più sicura, e così via. È chiaro che alcuni di questi impliciti (gli ultimi due per esempio) si prestano a letture discriminanti, che lo si voglia o no.

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