Mettetevi nei panni di un piccolo azionista di Fonsai. Negli ultimi tre anni ha visto precipitare il valore delle sue azioni del 90 per cento. Nel 2011 non ha ricevuto il dividendo e non incasserà la cedola nemmeno nel 2012. La primavera scorsa è stato chiamato a sottoscrivere un aumento di capitale per evitare il dissesto della compagnia. Niente da fare, la società è arrivata comunque al collasso. Ma c’è una luce in fondo al tunnel. Ecco un compratore. C’è l’Unipol, pronta a comprare il gruppo fin qui gestito da Salvatore Ligresti.

Finalmente un piccolo risarcimento, penserà il nostro azionista Fonsai. Arriverà un’offerta pubblica d’acquisto rivolta a tutti gli azionisti. E invece no, niente Opa. Non è prevista nel piano studiato da Mediobanca e Unicredit per mettere in sicurezza la compagnia in crisi e soprattutto i loro crediti verso i Ligresti. Peggio: i soci di Fonsai dovranno presto sottoscrivere un altro aumento di capitale. Non è ancora finita: c’è anche la beffa. Mentre i risparmiatori pagano i costi del salvataggio, la famiglia Ligresti si defila con una buonuscita che si aggira sui 77 milioni.

Di più: la compagnia bolognese è disposta a riconoscere 700 mila euro l’anno per cinque anni a Salvatore Ligresti e ai suoi eredi Giulia, Jonella e Paolo come compenso per un patto di concorrenza. Fin troppo facile ironizzare sulla pericolosa concorrenza che potrebbe arrivare da una famiglia che è riuscita a demolire un colosso come Fondiaria.

Storia finita? Tutto deciso? No, ancora no. L’ultima parola spetta alla Consob, che potrebbe imporre a Unipol il lancio dell’Opa su Fonsai. In questo caso la compagnia delle Coop ha già dichiarato che farebbe marcia indietro. Mediobanca e Unicredit sarebbero costrette a cercare un altro compratore, ma quantomeno ai piccoli azionisti di Fonsai sarebbe risparmiato l’ennesimo affronto, quello di dover pagare per l’ennesima volta per i guai combinati da altri. Resta da vedere, adesso, che cosa deciderà il presidente della Consob, Giuseppe Vegas e gli altri quattro commissari.

C’è un precedente. Anzi, ce ne sono due. Nel maggio scorso la Commissione decise che non c’era obbligo di Opa quando con l’aumento di capitale di Fonsai e della controllata Milano, il creditore Unicredit rilevò una quota del 6,6 per cento della stessa Fonsai. All’epoca la banca stipulò anche un patto parasociale con Premafin, la holding dei Ligresti. “Si tratta di un salvataggio aziendale”, spiegò all’epoca la Consob e quindi, in base all’articolo 49 del regolamento emittenti, l’Opa non è obbligatoria. In sostanza, senza i soldi dell’aumento di capitale la compagnia rischia il crac. Di conseguenza la tutela dei piccoli azionisti avviene con il salvataggio della società più che con un’eventuale offerta pubblica.

Qualche mese prima però la Consob si regolò in modo diverso quando furono i francesi di Groupama a farsi avanti per entrare con il 17 per cento nel capitale di Premafin in accordo con i Ligresti. “Opa obbligatoria su Premafin e anche su Fonsai”, deliberò la Commissione, perché cambia il controllo del gruppo. Adesso Unipol, dopo aver rilevato le azioni Premafin dei Ligresti per circa 77 milioni, sarebbe pronta a lanciare un’Opa solo sulla holding, ma non sulle controllate Fonsai e Milano assicurazioni. Entrambe rischierebbero il fallimento senza aumento di capitale, che è stato richiesto dall’Isvap, l’Authority delle assicurazioni. Si tornerebbe così nella situazione della scorsa primavera quando la Consob esentò Unicredit dall’Opa.

C’è quindi la possibilità concreta che Vegas decida di dare via libera all’operazione senza offerta pubblica. E questa, davvero, sarebbe la beffa definitiva per i piccoli azionisti di Fonsai. A giochi fatti, gli unici a uscire di scena con le tasche piene sarebbero i Ligresti, a cui Unipol è pronta a pagare 0,36 euro per ogni azione Premafin. Un’offerta a dir poco generosa, visto che negli ultimi mesi la holding ha viaggiato in Borsa con una quotazione compresa tra 0, 10 e 0, 25. Quotazioni comunque generose se si pensa che Premafin all’attivo può vantare la quota del 35 per cento in Fonsai che ai prezzi di Borsa vale un centinaio di milioni, mentre al passivo ci sono oltre 300 milioni di debiti con le banche. In altre parole Premafin si trova in uno stato prefallimentare.

Unipol però fa finta di niente. Anzi, valuta la holding oltre 150 milioni, ne gira 77 ai Ligresti e il resto andrà a pagare le azioni acquistate in sede d’Opa. Va ricordato che tra i beneficiati dell’offerta ci saranno anche i misteriosi soci di Premafin, forti di quasi il 20 per cento, schermati da società off shore. Non c’è da sorprendersi, allora, se nel movimento cooperativo siano molte le perplessità sull’accordo per l’acquisizione di Fonsai. Tra l’altro, in base ai piani annunciati, la stessa Unipol aumenterà il capitale di una somma forse superiore ai 700 milioni. Come dire che le coop socie dovranno investire decine di milioni nel salvataggio Fonsai. Un prezzo ritenuto troppo alto da molti manager delle cooperative, soprattutto se una parte di quei soldi serve a pagare la buonuscita ai Ligresti.

Al vertice della sera del 12 gennaio nella sede di Unicredit per il riassetto del gruppo Fondiaria Sai ha partecipato l’ex ministro Ignazio La Russa, in qualità di avvocato della famiglia Ligresti. Lo ha confermato lui stesso, parlando con i giornalisti a Milano: “Voi dimenticate che non sono più ministro e che faccio l’avvocato”, ha spiegato. “E in più i rapporti plurigenerazionali con la famiglia lo giustificano. Non faccio l’avvocato in maniera completa perché ho i miei impegni politici, ma non dimentico di avere uno studio legale e ora posso riprenderlo”.

Aggiornato dalla redazione web alle 19.30

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