L’avrete rivista anche voi, Daniela Santanché. Del resto era impossibile non vederla. Era ovunque: Lerner, Floris, Santoro. Si potrebbe sollevare un dibattito sulla opportunità della sua presenza in studio, che infatti sta generando polemiche (al punto che Lerner ha dovuto “spiegarne” la presenza). Fa ascolti, la Santanché? Fa dibattito? O fa solo disgusto?

Qui però voglio dire altro. Ovvero che rivederla in tivù, ascoltarla o anche solo guardarla, ha dato nuovamente prova di come l’intoccabilità (e la santificazione) di cui gode Monti sia figlia di anni e anni in cui nel piccolo schermo c’era (c’era?) questa gente arrogante, volgare e improponibile. E l’abitudine al Disastro è divenuta tale per cui, oggi, qualsiasi cosa appena appena garbata – anche se terribile – ci (gli, vi) sembra non solo accettabile. Ma quasi bella. E, peggio, “giusta”.

Ecco perché non si può attaccare, o anche solo criticare, Monti. Perché, da destra come e soprattutto da “sinistra”, arrivano i buonisti e i pompieristi a dirti che “non esistevano alternative”, “se fai così sei un disfattista demagogo“, “come facevi ad andare al voto con una legge elettorale e uno spread così?”, “se ti lamenti allora rivuoi Berlusconi“, “sai solo criticare e non ti sta mai bene niente”. I ricatti, e le liturgie dei Salvatori della Patria in servizio permanente, sono sempre questi e sempre gli stessi. Ti sciorinano i pregi del migliorista Napolitano, fanno i maestrini di diritto,  ti citano perfino l’articolo di Francesco Merlo (Merloooooooooo) come esempio di giornalismo. Rinnovandoti l’invito, o più che altro l’ordine, a non lamentarti: “C’è in gioco il bene del Paese, occorre fare sacrifici, basta col populismo“.

Viviamo il paradosso, terribile e frustrante, per cui ormai è illecita anche la lamentela. O il giornalismo scomodo: se con Berlusconi essere contro era figo (e ciò nonostante lo erano in pochi), adesso essere contro è impopolare. E se ti capita – e ti capita – di scoprire magagne su magagne, da Malinconico a Patroni Griffi, da Passera alla riforma previdenziale (s)fascista, tu fai il gioco sporco e poi – poi – spuntano le varie Repubblica ad alzare il ditino per sentenziare: “Eh, ha fatto bene Malinconico a dimettersi. Visto che bel governo giusto? Ammette pure i propri sbagli. Mica come l’altro“. Certo, “mica come l’altro”, siamo d’accordo: ma tu – giornalista, cittadino, elettore piddino – dov’eri quando qualcuno lo scopriva, il caso Malinconico? Che facevi, a parte celebrare il Regno del Robot in Loden e della sua claque finto-piangente?

Dal colpo di Stato (Berlusconi) al colpo di sonno (Monti), come ha scritto Marco Travaglio. Perché? Perché i Berlusconi e le Santanché ci hanno abituato a un tale livello di cloaca che passare da un’Apocalisse a un Disastro ci sembra un Carnevale. Quanti distinguo che si leggono, adesso. Persino dopo ieri, quando in un colpo solo due porcate allucinanti ci hanno ricordato che la nostra democrazia non sta forse benissimo, indignarsi appariva indelicato. Spuntavano gli indignati a giorni alterni, puntuali e sobri, propaggini enricolettiane a ricordarti che la Consulta non poteva fare altro. A dirti che “se critichi adesso sei come Berlusconi” (fateci caso: l’unico argomento dei montiani è questo: “se ti lamenti sei come Berlusconi e sotto sotto lo rivuoi“).

Mai come adesso, forse, il livello di indignazione e capacità di discernere – di per sé mai altissimi in Italia – è stato così basso. Calma piatta. Perfino nella redazione di Tempi c’è più vita. Sia chiaro: in chiave giornalistica, come pure satirica, il brodino montiano (che ha i suoi meriti, come ricordato giornalmente dal Fatto Quotidiano che pure non gli fa sconti) è più stimolante. E pure redditizio, perché se tutti i giornali fanno opera di celebrazione, non ci metti poi molto a distinguerti. Non è quindi, questa, una lamentela “personale” o “corporativa”.  Si ha però la sensazione che questa stasi, e questa proliferazione di Restauratori, alla già derelitta Italia non faccia niente bene. Rivedere la Santanché, o gli Stracquadanio, e consolarsi con “l’ah quanto si stava peggio prima“, è un po’ poco come eccitazione democratica. Oltre che prassi, spesso e non volentieri, intellettualmente disonesta. Nonché fastidiosamente masochistica. Parafrasando il Giovanni Lindo Ferretti non ancora teocon: “Un’erezione triste per un coito modesto“.

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