Il team di ricerca di Alessandro Farsi

Ventisette anni, una laurea in Fisica (110 e lode all’Università di Milano) e un sogno nel cassetto: dedicarsi alla “buona scienza”. È l’identikit dell’ennesimo “cervello in fuga” che, come tanti altri ricercatori preoccupati dalla condanna del precariato a vita, ha fatto le valigie ed è andato all’estero. La notizia è che Alessandro Farsi, dopo meno di tre anni da quando è arrivato alla Cornell University, a Ithaca, Stato di New York, è già entrato nella storia della scienza.

Assieme al suo professore Alexander Gaeta e ai colleghi Moti Fridman (Israele) e Yoshitomo Okawachi (Giappone) ha scoperto il mantello dell’invisibilità temporale. “Che non è nulla di magico come il nome potrebbe far pensare”, scherza il giovane fisico milanese. Al contrario è un esperimento che potrebbe rivoluzionare il futuro dell’informazione, ormai destinata ad andare verso l’utilizzo delle fibre ottiche per ottenere computer sempre più veloci. “Quello che abbiamo fatto è stato nascondere un evento temporale, rendendolo invisibile per 50 picosecondi – spiega Farsi – Attraverso un laser siamo riusciti ad aprire un buco al suo passaggio, rallentare la luce e poi accelerarla in modo che l’evento potesse passare attraverso e non venisse visto dal detector”.

Le sue applicazioni? “Non certo il furto nei musei – ride Farsi – Ma lo sviluppo di tecnologie sempre più veloci per la comunicazione”. Tutto questo in Italia non sarebbe stato possibile? “Non sono andato via perché nel Paese non si faccia buona scienza, ma per le condizioni di lavoro sempre più precarie e per le prospettive assenti per un giovane ricercatore”.

Per la tesi, Farsi, nel 2009, è stato a Firenze, al prestigioso Lens e in quella occasione gli era stata rivolta un’offerta per il dottorato, che però ha gentilmente rifiutato. “In Italia la mia, come molte altre, sarebbe stata una professione difficile e l’ambiente non è altrettanto stimolante come negli Stati Uniti, ho amici che sono rimasti e le ipotesi sono due: o sono precari oppure hanno trovato una posizione con manovre non trasparenti”. In America non esistono le spintarelle all’italiana? “Io ho mandato un cv e una lettera di presentazione, ho eseguito un test e sono stato preso alla Cornell e nella lettera di accettazione gli americani sono stati chiari sul mio ruolo e sul compenso. E come me ci sono ragazzi da ogni parte del mondo, il 60 per cento degli studenti è straniero”, rivela Farsi che per il momento non ha intenzione di tornare a casa. Almeno fino a quando non si concretizzino ipotesi migliori per i giovani. Oggi Farsi condivide un appartamento con altri ragazzi, si è fidanzato e vive del suo lavoro. Come lui, tantissimi altri ragazzi di scienza hanno lasciato il loro paese d’origine e non solo per sete di esperienze diverse. I fisici italiani alla Cornell non mancano. “Incontro tanti connazionali, ora cercano di scappare dall’Italia prima ancora di laurearsi”.

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Si fa presto a dire: “Non tornare”

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