Il prof. Francesco Bruno in una intervista che appare sul blog Pontifex ha sostenuto che l’omosessualità sia una malattia. E’ francamente un tipo di argomento che ci saremmo augurati non dover sentire più, e dispiace in particolare per le credenziali accademiche del prof. Bruno.

Proverò a costruire un’argomentazione sensata non tanto su questo punto quanto sull’uso distorto del concetto di normalità. Tutti sappiamo che i parametri fisiologici del nostro organismo, come pure i comportamenti e i gusti delle persone, non sono omogenei nella popolazione ma si distribuiscono in modo tale che i valori medi o prossimi alla media (valori modali) sono più frequenti e quelli lontani dalla media più rari: ad esempio è frequente che l’altezza delle persone sia prossima a 1,75 m o che la glicemia sia prossima a 80 mg/dL e valori molto lontani da questi sono meno comuni. La distribuzione del valore nella popolazione assume una caratteristica forma a campana, ed è chiamata per l’appunto “distribuzione normale”. Anche i comportamenti e le preferenze sessuali hanno una loro distribuzione, con valori modali e valori non modali.

Non c’è nessuna ragione di pensare che chi si trova ad una certa distanza dal valore modale del parametro considerato sia anormale, mentre chi si trova vicino a questo valore sia normale: ciò che è normale è infatti la distribuzione con tutti i suoi valori medi ed estremi.

Il concetto di patologico si riferisce a parametri non modali, interpretati all’interno di un quadro nosologico di riferimento, e mai un medico (categoria alla quale appartiene il prof. Bruno) dovrebbe considerare patologico un valore non modale interpretato al di fuori del suo contesto. Considerare malato un omosessuale socialmente ben inserito e capace di relazioni interpersonali soddisfacenti è una aberrazione paleosovietica, un uso politico della psichiatria. Per contro una persona che soffre ed ha difficoltà nell’inserimento sociale potrebbe soffrire di una malattia psichica e i suoi comportamenti sessuali potrebbero essere parte del quadro patologico generale. Questo però è vero a prescindere dallo specifico comportamento sessuale del soggetto: anche un comportamento eterosessuale potrebbe essere vissuto con sofferenza e partecipare ad un quadro sintomatologico.

Il prof. Bruno però va oltre, e costruisce nella sua intervista un campionario di errori metodologici sostenendo che “se questa scelta omosessuale è responsabile, non frutto di traumi, ma avviene all’interno di gruppi sociali ben definiti, ha degli evidenti caratteri antisociali”: cioè il presunto malato è anche un po’ criminale. Ora il punto di vista della psichiatria, dalla rivoluzione francese in poi, è esattamente il contrario di quello del prof. Bruno: la malattia, se c’è, esonera il soggetto dalla responsabilità penale e morale. Se il prof. Bruno è davvero convinto che l’omosessualità sia patologica dovrebbe proprio per questo considerarla esclusa da qualunque valutazione morale. I reati sessuali esistono e non c’entrano niente con l’omosessualità: non potrebbero il prof. Bruno e il blog Pontifex accontentarsi delle leggi vigenti come facciamo tutti?

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