Se è vero che all’inizio solo pochi avrebbero scommesso sul suo successo, è bastato poco tempo perché tanti cambiassero idea e perché, tra questi, alcuni cominciassero a temerlo. Così fece anche il leader del Partito democratico Pierluigi Bersani. “Non dite che siamo tutti uguali” tuonò a maggio dal palco di Piazza Maggiore a Bologna, durante il comizio di chiusura della campagna elettorale. Pur senza fare nomi, il segretario del Pd stava lanciando l’ultimo, preoccupato appello, per fare breccia negli elettori del Movimento cinque stelle. Era ormai chiaro a tutti come quel partito-non-partito, nato quasi dal nulla, senza politici ma con una guida carismatica e controversa come Beppe Grillo, non potesse più passare inosservato.

Per ripercorrere la storia del Movimento bisogna rimanere a Bologna, all’ombra delle Due Torri. È l’8 settembre del 2007. Da due anni il blog che Beppe Grillo ha un audience che fa impallidire i più popolari show televisivi. Il comico riesce a radunare in piazza Maggiore oltre 50mila persone per il suo V-Day, manifestazione nazionale organizzata grazie al tam tam sul web. L’idea di partire con liste civiche prende corpo nelle settimane successive. Il Movimento vero e proprio ancora non esiste, per ora l’obiettivo è avere in tutta Italia dei “Comuni a 5 stelle”: una stella per l’energia, una per la connettività, una per l’acqua, una per la raccolta rifiuti, e una per la mobilità sostenibile.

A gennaio, mentre a Roma cade il Governo Prodi, Grillo annuncia ufficialmente la partecipazione attiva alla vita politica attraverso liste civiche. Il Parlamento è ancora lontano, si comincia da consigli comunali e regionali (le province sono escluse perché in programma c’è la loro abolizione), affidando l’azione sui singoli territori a cittadini comuni, senza esperienza politica. “Da oggi il blog fa politica attiva con un sito dedicato alle liste civiche, al cittadino che prende in mano il proprio destino, il proprio Comune, la propria Regione”, scrive il comico sulla sua pagina personale. Aggiunge poi le regole per candidarsi alle amministrative in liste “certificate” dallo stesso Grillo. La comunicazione del comico viene affidata alla agenzia Casaleggio associati, guidato da Gian Roberto Casaleggio, al quale Grillo si legherà sempre di più nel tempo, tanto da farne l’uomo ombra del Movimento.

Alle elezioni comunali del 2008 le liste civiche di Beppe Grillo travolgono il centro Italia: 4,6 % a Empoli, 3,4 % a Pesaro, 3,3 % a Reggio Emilia, 3,4 % a Livorno. Ma la sorpresa arriva da Bologna, dove il giovane candidato sindaco Giovanni Favia raccoglie da solo quasi 7.500 voti (il 3,3 %) portando a casa due seggi.

Nel 2009 le liste civiche lasciano il posto al Movimento cinque stelle. Lo annuncia Grillo dal palco del Teatro Smeraldo di Milano, il 4 ottobre, lanciando un programma composto da più di 120 punti. “Ognuno conta uno, il Movimento è aperto a tutti, ma possono candidarsi solo persone incensurate e non già iscritto a partiti politici”. Documento costitutivo è il “Non-Statuto”: cinque pagine disponibili online, dove vengono messi nero su bianco, tra le altre cose, la natura, la sede del Movimento e le regole per candidarsi. Esordisce alla elezioni dell’anno successivo presentandosi in cinque regioni: quasi 400 mila voti in tutta Italia che equivalgono a quattro seggi, due in Emilia Romagna (dove entrano Giovanni Favia, il cui mandato in Comune si era interrotto a seguito del commissariamento, e Andrea Defranceschi) e due in Piemonte (Davide Bono e Fabrizio Biolé).

Si replica alle amministrative 2011. Con investimenti di poche migliaia di euro in campagna elettorale (il Movimento punta tutto sulla rete abbattendo i costi per le spedizione e per comprare spazi tv e radio) i rappresentanti entrano in 28 comuni. Il trionfo ancora una volta appartiene all’Emilia Romagna e al Piemonte.

g.z.

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