Cafu, ex giocatore brasiliano di Roma e Milan

Come Zico, un po’ meno di Pelè. Un altro campione del calcio brasiliano ha deciso di dedicarsi a tempo pieno alla politica. Si chiama Marco Evangelista de Moraes, ma il grande pubblico degli appassionati lo conosce più semplicemente come Cafu, ex pendolino di Roma e Milan, ma soprattutto della nazionale brasiliana, con la quale ha giocato per 16 anni e ha vinto due Mondiali. Il nuovo ministro dello Sport, Aldo Rebelo, in carica dal 27 ottobre, ha deciso di offrire a Cafu il posto di sottosegretario con delega al calcio, incarico creato ad hoc dal governo di Brasilia in occasione della Coppa del Mondo che si terrà nel Paese Sudamericano nel 2014. La nomina ufficiale dovrebbe arrivare nei primi giorni del 2012.

A differenza del suo precedessore, il ministro Rebelo ha voluto dare spazio nel suo staff ad ex sportivi che si sono distinti in ambito sociale per ragioni diverse. E Cafu risponde al meglio al requisito per le tante iniziative benefiche rivolte ai bambini di cui è stata protagonista la fondazione che porta il suo nome. Un fuoriclasse del calcio in politica. In Brasile, era già successo a Zico, che aveva detto sì ad un incarico simile a quello offerto all’ex difensore rossonero, ma pure a “O Rei” Pelè, insieme a Maradona il più grande giocatore di sempre, che negli anni Novanta fu nominato dall’ex presidente della Repubblica, Fernando Henrique Cardoso, ministro dello Sport.

La notizia di Cafu arriva a qualche giorno di distanza dalla dichiarazione con la quale il 33enne difensore del Genoa e della Nazionale georgiana, Khaka Kaladze, annunciava di voltare pagina e di voler iniziare ad occuparsi seriamente di politica. “E’ stata una decisione simile, ma dovevo farlo”, avrebbe affermato il calciatore che si unirà al Movimento di opposizione guidato dal multimilionario Mikhail Saakashvili nella corsa alle prossime elezioni. Non si sa bene se lascerà il pallone a fine stagione, oppure no. Ma sul fatto che voglia dire la sua sulla situazione politica e sociale del suo Paese ormai non ci sono più dubbi.

In passato, altri due milanisti doc hanno scelto di mettere a disposizione la propria popolarità per entrare a pieno titolo nella stanza dei bottoni. Il primo ad inaugurare il percorso fu Gianni Rivera, mezzala e regista dal talento straordinario, che decise di accettare la proposta della Democrazia cristiana per un posto in Parlamento alla fine degli anni Ottanta, ma soltanto dopo aver dimostrato di essere uno dei migliori interpreti del calcio italiano. L’altro, in tempi più recenti, è stato George Weah, il centravanti liberiano che vinse il Pallone d’oro grazie alle ottime cose fatte vedere in maglia rossonera. Weah tentò la scalata alla presidenza del suo Paese nel 2005.

Le cose non andarono benissimo, venne battuto al ballottaggio da Ellen Johnson-Sirleaf, che qualche settimana fa ha ricevuto il Nobel per la pace. Ci ha riprovato lo scorso ottobre. Questa volta come numero due del candidato Winston Tubman, ma il risultato è stato lo stesso. In Liberia, Weah è un’istituzione, ma a quanto pare i suoi connazionali non gli riconoscono grandi capacità di governante.

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