Qualche giorno fa ho fatto l’albero di Natale. Con i miei figli.

Mentre lo facevo, tra me e me, senza coinvolgere l’entusiasmo autentico dei bambini, pensavo a come avrei composto un albero di natale del cinema italiano.

Dunque: l’albero lo posizioniamo in questo angolo della stanza, che come tutti gli angoli di una stanza, mette in risalto alcune palline e rende quasi superflue delle altre, che ci devono stare però, perché se qualcuno che si avvicini all’albero  dovesse scoprire che nelle zone nascoste, quelle addossate ai muri per intenderci, non ci sono palline né lucette né nastri, ebbene il nostro albero risulterebbe inevitabilmente spoglio. Perdendo di valore. E io invece lo voglio fare bello, il mio albero di Natale.

Nelle zone in ombra inizierei allora a mettere le palline più grandi, ma dai colori più scialbi: quelle dei potenti che non danno mai una risposta chiara; quelle di chi “scopriamo un altro Scialla! o un altro fabiovolo per il bene del cinema italiano”; quelle di chi il cinema italiano è il più forte in Europa grazie a sei film tutti più o meno uguali, tutti più o meno soggetti a sequel, che fanno il quaranta percento degli incassi annuali; quelle dei soloni imbiancati che non osano mai e pensano che per grazia divina si verificherà un ricambio di autori, di attori, di tecnici a cui attingere a piene mani; quelle di chi parla di cinema senza vedere i film; quelle di chi si sente re perché fa un sacco di soldi con i film idioti; quelle di chi “beppegaudino chi”?; quelle di chi “quanto è figo il festival di Roma”; quelle di chi tanto col digitale cambierà tutto; quelle di chi fa il commissario al ministero e deve analizzare centocinquanta sceneggiature in venti giorni e quelle di chi ci crede.

Giosuè, il mio figlio di mezzo, ha in mano adesso le palline rosse e le palline blu, quelle che riteniamo più belle, quelle che abbiamo deciso di mettere nelle zone più in vista. Lui, che pensa simmetrico, ha deciso che metteremo in basso e in alto quelle blu, belle sì, ma meno delle tre rosse che metteremo al centro.

Partiamo da quelle blu: quella di Francesco Bruni, perché Scialla! è una bella commedia e non è colpa sua se tanti proveranno a  copiarla; quella di Domenico Procacci, perché solo lui in Italia ha il coraggio di concepire un film come Diaz; quelle di Matteo Botrugno, Daniele Coluccini, Simone Isola, Daniele Gaglianone, Davide Manca, Salvatore Mereu, Pietro Marcello, Francesco Munzi, Michele Botrugno, Gianluca De Serio, Massimiliano De Serio, Gaetano Di Vaio, Michela Occhipinti, Leonardo Di Costanzo, Vito Martinelli, Luigi Fedele, Vincenzo Marra, molti dei quali sono solo nomi per l’altra parte dell’albero, distratta e raggomitolata su se stessa; quella di Matteo Garrone; quella di Paolo Sorrentino; quella del film partecipato.

Luca e Davide, gli altri due miei figli, hanno finito di posizionare le lucette. I nastri d’oro e d’argento, quest’anno abbiamo deciso di non metterli.

Mancano le tre palline rosse, le più belle.

Seguiamo la decisione di Giosuè e posizioniamole al centro del mio albero di natale del cinema italiano: quella di quelli che vogliono ancora sognare il sogno del cinema, malgrado le zone d’ombra; quella di Nanni Moretti che da distributore osa regalarci a natale Le nevi del Kilimangiaro, un grande film che inizia con il licenziamento di alcuni operai, e che continua parlando di dignità, di comunismo, d’amore, d’orgoglio più di quel che sei che di quel che hai, di amicizia, del porto di Marsiglia, di solidarietà, di Internazionale, proprio come siamo abituati a vedere nei film di natale degli altri distributori.

Da ultimo viene il puntale. Il mio puntale, in questo secondo anno senza di lui, ha il volto seriamente sorridente di Corso Salani, uno che pur avendo frequentato l’altra parte dell’albero, ha preferito rimanere da questa parte, libero di filmare, emozionare e sognare fino all’ultimo respiro.

E la terza pallina rossa? Quella si è rotta, quando Giosuè ha deciso di farci vedere come aveva segnato un gol dalla distanza nella partitella d’allenamento al campo di sassi e terra della Fortitudo: ha preso la sua palla di stoffa che non fa rumore, ha assunto la buffa postura del corpo quando calcia di piatto e paff!, ha rotto la pallina. Descriverla, a questo punto, sarebbe inutile.

Buon Natale a tutti, a quelli che leggono quello che scrivo, a quelli che ho nominato, a quelli che non ho nominato. E ai miei figli, che non sanno che mi hanno aiutato a fare il mio personalissimo albero di Natale del cinema italiano: per Giosuè e Davide ai piedi di questo albero arriverà Babbo Natale.

Per me e Luca, non più.

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