Caro Babbo Natale,

Io per regalo vorrei un po’ più di tempo. È vero, la letterina di mio figlio non recita proprio così, anche perché lui non sa ancora scrivere. Allora, avendola redatta io al posto suo, mi sono permessa di apportare qualche blanda modifica e tra l’allegra fattoria e il pigiama di pile, ho inserito anche “un po’ di tempo in più per la mia cara mamma”.  Perché io non ho mai tempo e da quando sono diventata mamma il cambiamento l’ho avvertito soprattutto nella gestione della quotidianità e dei contrattempi. Tempo da dedicare alla famiglia, al lavoro (sempre ammesso che ne abbia uno) e, perché no, a se stessi.

A pensarci bene, però, girano meno soldi che tempo e per entrambi esistono le banche. Nella banca dei soldi c’è la mia foto all’ingresso, accanto a quella di un centinaio di altri genitori precari, suddivisi per municipio di appartenenza, con la scritta impressa “Io non posso entrare”, sottotitolo “Se proprio vuoi, entra pure, ma se fossi in te mi risparmierei una fila inutile”.

L’altra è una banca tutta speciale dove non si deposita moneta ma ore a disposizione, che si possono scambiare sotto forma di attività. Si chiama banca del tempo e in Italia è nata nel ’91, a Parma, grazie all’intuizione di gruppo di donne che hanno attivato una rete di sostegno reciproco per fare fronte alle emergenze quotidiane. Nel corso degli anni l’idea ha preso piede e si è diffusa in modo capillare in molte altre città italiane, ampliando l’offerta delle attività scambiate e rivolgendosi a una fetta di popolazione sempre più vasta.

A Roma, la città in cui vivo, la banca del tempo è arrivata nel ’96 e oggi gli sportelli aperti sono venti, uno per municipio, messi in rete da un coordinamento centrale che si trova in via Achille Campanile (zona Eur). Le banche del tempo sono così diventate un modello di autogestione della quotidianità e un esempio di cittadinanza attiva che si basa su un principio tanto elementare quanto efficace: la reciprocità.

Se il signor Rossi pota per due ore gli alberi del  mio giardino, emetterò un “assegno” di due ore a suo favore, che verrà recapitato presso lo sportello. Ad ogni iscritto viene intestato un conto corrente e consegnato un “libretto assegni” che permette la contabilizzazione dello scambio: a chi ha effettuato la prestazione verrà accreditato il tempo; a chi ne ha usufruito verrà addebitato. Nel conto corrente verranno registrate le ore in uscita e in entrata, l’adesione è volontaria e gratuita, l’unico obbligo è quello di iscriversi e di rendere il tempo ricevuto. La bellezza è che si tratta di un tempo differito, ovvero dato indietro quando è possibile (l’importante è tendere al pareggio) e potrà essere scambiato con qualunque altra persona iscritta alla banca, non necessariamente con quella che ha concesso a noi del tempo.

Ma veniamo al punto. Mamme precarie, e non solo, udite udite: tra le attività scambiate c’è anche quella di babysitter. Che quando ti ritrovi improvvisamente con l’acqua alla gola, perché la nonna è emigrata all’estero, la vicina di casa è tornata in Calabria e la tua amica del cuore vuole recidere il suo contratto di fratellanza causa sfruttamento, può essere una valida alternativa a costo (monetario) zero.

In questo caso, trattandosi di bambini, la banca del tempo  fa da garante e organizza alcuni incontri preliminari tra le persone interessate, in modo tale da instaurare un buon rapporto di fiducia tra genitori, figli e babysitter. Si tratta, però, di una risorsa a cui attingere in caso di emergenza, perché altrimenti diventerebbe un rapporto di lavoro continuativo che, in quanto tale, andrebbe retribuito.

La banca del tempo è quindi un’alternativa che, nel caso di assistenza all’infanzia, non può supplire alla carenza di politiche legate alla famiglia, ma suggerisce un altro modo di vivere la vita e relazionarsi agli altri.

Qui potete consultare la lista degli sportelli attivi a Roma.

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