Luca Cordero di Montezemolo

Giuvinò – dice un signore mai visto prima – ma perché voi del Fatto Quotidiano vi siete accaniti sul processo a Montezemolo”? Galeotta l’abitudine di camminare sempre con il taccuino e la penna in mano; non fai in tempo a superare la sorpresa di essere chiamato giovanotto a 40 anni suonati e ad abbozzare una risposta sull’assenza di ogni intento estraneo al diritto-dovere di cronaca, che il signore si allontana sorridendo, esclamando “buon lavoro”. Accade a pochi passi dal tribunale di Capri, nell’isola azzurra dai toni spettrali della settimana prima di Natale, gli alberghi chiusi e i negozi del lusso di via Camerelle quasi tutti sbarrati e con le vetrine svuotate dai capi firmatissimi. Ed eccoci al processo che non interessa a nessuno, e di conseguenza fa sembrare un giornale ‘accanito’ l’unico che se ne occupa. Il processo dei senza: senza sussulti, senza la presenza degli imputati e senza spettatori.

E’ filata via così, rapida e liscia, la terza udienza del dibattimento che vede alla sbarra Luca Cordero di Montezemolo e Francesco Saverio Grazioli, nelle rispettive vesti di socio di maggioranza e presidente della società proprietaria di Villa Caprile ad Anacapri. I due sono accusati di concorso in abuso edilizio e falso progettuale per la ristrutturazione della dimora estiva anacaprese dell’ex leader di Confindustria, in un procedimento dal quale i tecnici che hanno redatto, curato e materialmente eseguito i lavori sono usciti dopo aver chiesto e ottenuto il patteggiamento della condanna. A dispetto della fama di Montezemolo, manco un curioso o un cronista locale si è affacciato in aula. Capri è isola discreta, protegge con affetto e mestiere la privacy dei suoi ospiti. E dei suoi imputati: sulla pandetta del Tribunale, in applicazione estensiva di una circolare ministeriale, i processi sono indicati con le sole iniziali del primo nome del fascicolo, nel nostro caso G. S. F., e fa eccezione un marocchino, processato mezz’ora prima per il furto di un assegno alla cliente di un mega hotel a cinque stelle, il cui nome compare sulla pandetta per intero, tanto chi è, chi lo conosce?

Udienza scorrevole grazie anche all’accordo in aula tra accusa e difesa, con il via libera all’acquisizione al fascicolo del giudice unico Alessandra Cataldi di un paio di rapporti dell’Utc di Anacapri relativi ai sopralluoghi nella Villa. Circostanza che ha ridotto all’essenziale le domande del pm Milena Cortigiano e dell’avvocato Guido Furgiuele. E’ stato ascoltato l’architetto Filippo Di Martino, da tre anni capo dell’ufficio tecnico anacaprese. Con lo scopo di provare a collocare nel tempo uno dei due abusi contestati, la trasformazione di un piccolissimo rudere per lo stoccaggio degli attrezzi agricoli in una dependance di 22 metri quadri. L’architetto, carte alla mano, attraverso le sue dichiarazioni ha dimostrato che l’abuso (peraltro già demolito da Montezemolo) sarebbe stato compiuto tra il 13 settembre 2007 – data in cui non appare in un’aerofotogrammetria – e il maggio 2009, quando diventa oggetto di una relazione di servizio di un geometra dell’Utc.

Quanto all’altro abuso compreso tra i capi d’imputazione, il cambio di destinazione d’uso del garage interrato in appartamento del custode, anche qui si vorrebbe procedere al ripristino dello stato dei luoghi: la proprietà (ovvero Montezemolo) ha presentato l’istanza, Comune e Soprintendenza l’hanno approvata. Ma è tutto fermo perché il giudice non ha concesso il dissequestro. Su questa decisione pende un ricorso dei legali di Montezemolo, verrà affrontato a febbraio. Quell’autorimessa, è stato ricordato in udienza, fu realizzata in virtù di un permesso rilasciato in base della legge Tognoli per i garage pertinenziali e di una legge regionale, la 19/2001. Nell’interrogare l’architetto, il pm ha sostenuto che quel permesso, risalente al 2004, non poteva essere dato perché il piano paesistico di Anacapri impedisce ogni intervento edificatorio e la Tognoli consente deroghe ai vincoli urbanistici ma non a quelli paesaggistici. Il giudice però ha stoppato sul nascere ogni approfondimento su come il Comune di Anacapri abbia interpretato questa legge – la materia è comunque complessa e controversa – ma l’architetto è riuscito a chiarire che dietro ogni licenza per garage pertinenziali c’era un parere dell’apposita Soprintendenza. E che comunque in quegli anni ad Anacapri furono tre le pratiche simili a quella di Montezemolo che ottennero l’ok.

Recentemente, però, due pratiche sono state respinte. La giurisprudenza sul punto sta cambiando. Ma non ha attinenza con i reati oggetto del processo, che dovrebbe riprendere a fine gennaio con l’escussione di tre testimoni. Tra i quali cui un vigile urbano coinvolto nell’inchiesta-bis, il filone relativo ai tecnici, ai politici e ai caschi bianchi accusati di aver chiuso un occhio e in qualche modo protetto gli abusi di Villa Caprile. Verrà ascoltato l’unico di loro che è stato prosciolto, gli altri quattro sono stati rinviati a giudizio e per loro è in corso un processo davanti al Tribunale di Napoli, prossima udienza a marzo.

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