Sull’eurozona cade ”l’inverno della recessione” che “in Italia è iniziata prima e risulterà più marcata” rileva il centro studi di Confindustria. Che prevede un crollo del Pil di 2 punti percentuali tra la scorsa estate e la prossima primavera. Le stime per il 2012 sono state tagliate dal +0,2% al -1,6%, per il 2011 dal +0,7% al +0,5%. ”L’esito più probabile” della crisi è una ripresa “dalla tarda primavera 2012“: il centro studi di Confindustria crede nel “lieto fine” ma avverte che saremo a un bivio “senza mezze misure” con dissolvimento dell’euro, fallimento di imprese e banche, milioni di posti lavoro persi, crisi del debito anche nei Paesi virtuosi.

Confindustria giudica poi ”molto probabile che si attenui il reintegro delle persone in Cig, aumentino i licenziamenti, il tasso di disoccupazione salga più velocemente e raggiunga il 9% a fine 2012”. Con altre 219 mila persone occupate in meno il biennio 2012-2013 si chiuderà con un calo di 800 mila da avvio crisi a inizio 2008. ”Obiettivi più credibili” con ildecreto salva-Italia, che “potrà consentire il pareggio di bilancio nel 2013”, dice il centro studi di Confindustria. E’ per “gran parte” di entrate: 88,6% nel 2012. Le manovre frenano il Pil (che altrimenti sarebbe positivo nel 2012) ma senza saremmo in “un percorso pre-fallimentare”. Per gli economisti di viadell’astronomia “il saldo primario passerà dal -0,1% del Pil nel 2010 al +5,5% nel 2013. Per concentrazione nel tempo – sottolineano nel rapporto di dicembre del CsC – è una correzione senza pari nè nella storia della finanza pubblica italiana nè nel presente confronto internazionale”.

Per Confindustria “grazie a queste manovre e al raggiungimento di un ampio avanzo primario, che andrà mantenuto nel tempo per molti anni a venire, il debito pubblico inizierà a ripiegare nel 2013, scendendo al 118,0% del Pil dal 121,3% del 2012, nonostante la bassa crescita”. Pesano gli “effetti inevitabilmente restrittivi” di un forte sbilanciamento sulle entrate. Ma “chi argomenta che al netto di tali interventi la dinamica dell’economia italiana si sarebbe mantenuta positiva l’anno prossimo e nettamente sopra l’1% nel 2013 – rileva Confindustria – non considera che il debito sarebbe salito a ritmi insostenibili e si sarebbe avvitata la spirale con la più elevata spesa per interessi. Un percorso pre-fallimentare”.

Comunque gli effetti restrittivi, “la stessa sostenibilità del debito e la necessità di riportare redditi e occupazione sui livelli pre-crisi (il Pil pro-capite risulterà nel 2013 dell’8,3% inferiore ai valori 2007)”, per Confindustria “impongono di aprire una breve e fitta stagione di riforme che innalzi il tasso di crescita dell’economia italiana migliorando l’efficienza della pubblica amministrazione, accorciando drasticamente i tempi della giustizia, aumentando il grado di concorrenza nei servizi, elevando quantità e qualità dell’istruzione, rimuovendo gli ostacoli all’occupazione, potenziando la protezione del welfare, incentivando e promuovendo ricerca e innovazione, innalzando il tasso di occupazione giovanile e femminile, riducendo i divari regionali”. “Nella giusta direzione” vanno “l’allungamento della vita lavorativa e i provvedimenti liberalizzatori inseriti negli ultimi atti governativi vanno nella giusta direzione”.

La manovra – per il CsC – è ”un primopasso nella direzione della crescita”. Ne servono su “mercato del lavoro,ammortizzatori sociali, infrastrutture, costi della politica,semplificazioni amministrative,giustizia civile, istruzione e formazione, ricerca e innovazione,lotta a evasione accompagnata da abbattimento delle aliquote”.

Le analisi del centro studi diConfindustria “evidenziano quanto la crisi abbia falcidiato i posti di lavoro tra i giovani (-24,4% per i 15-24enni, -13% per i 25-34enni da metà 2008 a metà 2011; + 6,6% per gli over 45enni)”. Penalizzati “i maschi (-3,4%; zero tra le donne) e chi ha una minore istruzione (-10,6% per quanti hanno solo la licenza media, +3,1% per i diplomati, +3,9% i laureati)”. Emerge dal rapporto di dicembre degli economisti di via dell’Astronomia.

”Le violenti ricadute della disgregazione della moneta unica possono essere solo congetturate”, dice il centro studi di Confindustria. Che crede nel “lieto fine” ma analizza così “la posta in palio”: per “alcune simulazioni riguardanti le quattro maggiori economie dell’eurozona, nel primo anno il Pil crollerebbe tra il 25 ed il 50%, svanirebbero tra i 6 e i 9 milioni di posti di lavoro in ciascuna di esse, i deficit e i debiti pubblici raggiungerebbero valori da immediata insolvenza perfino in Germania”.

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