Nicolas Anelka con la maglia del Chelsea

La Cina è vicina, ma il calcio cinese fino ad oggi è rimasto lontanissimo. Prove tecniche di avvicinamento: lunedì lo Shanghai Shenhua ha ufficializzato l’acquisto di Nicholas Anelka, campione d’Europa con la Francia nel 2000 e un passato con (tra le altre) Arsenal, Real Madrid, Liverpool e Chelsea prima di trasferirsi in Cina a 33 anni per godersi una dorata pensione. Guadagnerà oltre venti milioni di euro in due anni, da parte sua il club ne sfrutterà i diritti d’immagine. Tanti soldi, tantissimi, che imprenditori privati e sponsor stanno investendo nei campionati cinese con l’obiettivo di rilanciare il calcio nel paese. Wang Jianlin, imprenditore immobiliare ed ex proprietario di una squadra (i Dalian Wanda) ha investito 50 milioni di euro per un progetto triennale di sviluppo dei settori giovanili: l’obiettivo è di centuplicare gli attuali 7mila under 18 tesserati per la federazione. Zhu Jun, padrone dello Shanghai Shenhua nonché distributore del videogioco World of Warcraft, paragona l’arrivo di Anelka nella Super League cinese alla storica ‘apertura’ con cui a fine anni ’70 il presidente Deng Xiaoping cominciò il viaggio di avvicinamento dell’economia socialista cinese allo strano capitalismo misto di oggi.

Il calcio rimane una delle poche cose su cui la Repubblica Popolare ancora si sente indietro rispetto all’occidente. La nazionale ha partecipato ad un solo mondiale, nel 2002 in Corea e Giappone, e con Bora Milutinovic in panchina ha perso tutte e tre le gare del girone senza segnare un solo gol. Attualmente è al 72 posto nel ranking Fifa e ha fallito le qualificazioni alle Olimpiadi del 2012. Eppure i primi accenni alla pratica del Cuju (palla spinta col piede) – altrimenti detto Tsu (calciare con il piede) Chu (palla di pelle imbottita) – risalgono alla dinastia Han (200 a.C.) mentre altre fonti ritengono un gioco simile fosse già praticato ai tempi dell’imperatore Giallo (3000 a.C.). Nel film La Battaglia dei Tre Regni di John Woo, ambientato nel secondo secolo, si vedono i guerrieri riposarsi giocando a uno sport molto simile al calcio. Il calcio moderno nasce nel diciannovesimo secolo, importato dai marinai inglesi, ma non attecchisce più di tanto. Il primo campionato è del 1951 e la prima lega professionistica del 1994. Dal 2004 c’è la Super League, un campionato di elite a 16 squadre che avrebbe dovuto rilanciare il calcio sull’onda dell’entusiasmo espresso dalla popolazione per la trasmissione in televisione delle partite della Premier League inglese.

Una serie di scandali scoppiati prima nel 2006 e poi nel 2009 – con partite dai risultati pilotati, gol segnati a raffica negli ultimi minuti, corruzione provata di avversari e arbitri, sms dei presidenti che imponevano al capitano della propria squadra di segnare autogol, testimonianze di prostitute pagate per allietare i direttori di gara, interi campionati falsati nelle serie inferiori per favorire la mafia delle scommesse – ha infine ufficialmente decretato l’ingresso del campionato cinese nella modernità calcistica. Prove tecniche di avvicinamento: squalifiche, radiazioni, arresti, polizia negli spogliatoi e finanza nelle sedi dei club. Cose che noi siamo abituati a vedere quotidianamente. Proprio nel 2009, al tempo del secondo scandalo, giocava in Cina Damiano Tommasi, finora l’unico dei nostri calciatori ad aver voluto replicare il viaggio a Oriente di Marco Polo. Prima di lui, nel 2003, era partito in esplorazione un tecnico nostrano: Giuseppe Materazzi, papà del Marco mondiale. Per entrambi la squadra scelta è stata lo Tianjin Teda, a mezz’ora da Pechino. Sempre nel 2003 aveva tentato l’avventura con il Gansu Tianma l’inglese Paul Gascoigne, al crepuscolo di una geniale e dannata carriera. Oggi in Cina giocano diversi brasiliani, argentini e honduregni, qualche serbo e un paio di romeni. Ma quello che i cinesi vogliono sono le stelle.

Lo stesso Zhu Jun, il multimilionario padrone dello Shanghai Shenhua che ha appena preso Anelka, ha fatto poi sapere che l’ex nazionale francese Tigana potrebbe essere il loro nuovo tecnico (in estate ci aveva provato con Maradona per la panchina) e l’ex compagno di Anelka al Chelsea, l’ivoriano Didier Drogba, il loro prossimo obiettivo di mercato. E pensare che l’anno scorso lo Shangai è arrivato solo undicesimo in campionato. Ancora più smisurate le spese del Guangzhou Evergrande, retrocesso per lo scandalo corruzione nel 2009, subito risalito e campione in carica nel 2011. Al club di Guangzhou, posseduto dalla Evergrande, seconda società immobiliare privata del paese, non è bastato appena tornato in massima serie l’acquisto dei brasiliani Cleo e Muriqui, del capitano della nazionale Zheng Zhi, e di Sun Xiang, unico cinese ad avere disputato la Champions League con il Psv Eindhoven. E a giugno hanno preso anche Dario Conca, argentino che nel 2009 vinse il titolo di miglior giocatore del campionato brasiliano con la maglia della Fluminense, per 10 milioni di dollari: il trasferimento più costoso della storia del calcio cinese. Conca guadagna quasi un milione di euro netti al mese, il quarto giocatore più pagato del mondo dopo Cristiano Ronaldo, Messi ed Eto’o – il giocatore con lo stipendio più alto in assoluto dopo che ad agosto è andato anche lui ad esplorare le nuove frontiere del calcio, dall’Inter all’Anzhi Makhachkala, in Daghestan, agli ordini del miliardario Kerimov che gli corrisponde 20,5 milioni di euro netti a stagione. Stipendi gonfiati, corruzione e miliardi. Prove tecniche di avvicinamento.

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