Non basta all’Italia che le sue pianure, tra le più fertili al mondo, vengano adibite a silicio, mentre sui capannoni (industriali e non) continua a marcire il cemento amianto.

Non basta: ai piedi dei pannelli fotovoltaici viene dato anche il diserbante. Succede a Voltana, nel comune di Lugo, ma immagino succeda anche altrove. Probabilmente le erbacce intaccano i tronchi dei pannelli, compromettendo la produzione dei frutti. Dunque tabula rasa, alla faccia di chi giura che con il fotovoltaico i terreni tornino a respirare, grazie a una pausa dai prodotti chimici utilizzati dall’agricoltura.

Non basta: i campi fotovoltaici vengono illuminati. Succede, anche questo, nel lughese, ma sicuramente succede un po’ ovunque. L’energia prodotta di giorno serve per illuminare i pannelli di notte, per scoraggiare i ladri di rame. Così, alla deturpazione paesaggistica si aggiunge l’inquinamento luminoso, che fino a poco tempo fa perlomeno risparmiava l’aperta campagna.

Non basta: per seminare il fotovoltaico servono strade. Strade bianche, ma strade che comunque andranno bonificate se si vorrà restituire il terreno all’agricoltura. Perché evidentemente la terra sotto i piedi non è sostenibile per chi deve costruire e curare questi campi di energia pulita.

Non basta: alle moderne campagne fotovoltaiche servono recinzioni. Per prevenire i furti e per tutti i motivi per cui di solito si piazza una recinzione: divieto di accesso, di transito, di curiosità.

Ora provate a immaginare di vivere in una regione che, a differenza della nostra, non sia in grado di mettere in campo politiche serie ed efficaci per la tutela del territorio.

Articolo Precedente

L’intelligenza di Prodi sulla crisi

next
Articolo Successivo

La crisi del benestante

next