“La digitalizzazione non ha prodotto un significativo impatto sulla proprietà dei mezzi di comunicazione. Il mercato televisivo è ancora caratterizzato dal tradizionale duopolio Rai-Mediaset, che discende dall’assenza di un adeguata normativa che regoli la concorrenza nel settore. L’ingresso di Sky Italia nel mercato televisivo satellitare ha senza dubbio trasformato il duopolio in una sorta di “tripolio”. Tuttavia, Rai e Mediaset continuano a controllare insieme circa l’80% dell’audience, contro circa il 10 % di Sky.”

E’ questa una delle amare considerazioni contenute nel rapporto I media digitali in Italia, commissionato dalla Open Society Foundation, che verrà presentato il prossimo 15 dicembre a Milano, presso il Circolo della Stampa.

“La politica di allocazione delle frequenze ha favorito i soggetti già presenti nel mercato, sia nella radiotelevisione che nelle telecomunicazioni. E” – continua il rapporto Osf – “l’intervento del legislatore ha in più occasioni ostacolato l’ingresso di nuovi operatori”.

Lo stesso rapporto, conferma, inoltre che “i criteri previsti per l’assegnazione dei multiplex – ovvero un “beauty contest” basato sulla qualità dell’offerta e sull’esperienza precedente – hanno sollevato perplessità, per il rischio che essi consentano la perpetuazione dell’egemonia di Rai e Mediaset nel nuovo contesto digitale.”.

Difficile dubitare della correttezza di tale conclusione ed è proprio per questo che il Ministro Passera deve annullare il bando di gara come, da più parti, si chiede a gran voce.

In termini generali, il Rapporto mostra che, persino nell’era digitale, i mezzi di informazione italiani operano in un clima di pesanti pressioni politiche. “Tuttavia, la crescente diffusione del web 2.0 – secondo gli autori della ricerca Gianpietro Mazzoleni, Giulio Enea Vigevani e Sergio Splendore ha creato uno spazio senza precedenti per nuovi media e nuovi contenuti, che potrebbero in futuro rappresentare una credibile alternativa all’informazione diffusa dai media tradizionali.”

Viene, dunque, dalla Rete la principale speranza che, in futuro, anche in Italia possa esservi spazio per un’informazione più libera e pluralista.

“Le politiche messe in atto dal Governo non appaiono ‘neutrali’ rispetto ai 13 differenti mezzi di comunicazione, ma principalmente orientate al mantenimento del duopolio Rai-Mediaset nella televisione in chiaro, così come nel mercato pubblicitario”, si legge tuttavia nella ricerca.

In questo contesto, secondo la ricerca dell’Open Society Foundation, toccherebbe alla società civile “invocare con urgenza la riforma della legislazione vigente sul conflitto di interessi tra cariche politico-istituzionali e proprietà dei media, … monitorare l’ultima fase del passaggio al digitale, l’assegnazione definitiva delle frequenze digitali e gli effetti sul pluralismo dei media in Italia, al fine di verificare se l’attività di Parlamento e Governo non privilegi l’attuale duopolio Rai-Mediaset o non favorisca le società vicine al presidente del Consiglio dei ministri” nonché spingere per “una riforma legislativa che rafforzi l’indipendenza dell’Agcom che escluda il Governo dalla nomina dei componenti dell’Autorità”.

Secondo Osf, infine, “dovrebbero essere più rigorosamente definiti – e applicati – i requisiti di competenza e di indipendenza necessari per poter divenire membro dell’Agcom e andrebbe radicalmente riformata “la procedura di nomina del Consiglio di amministrazione e del Direttore generale della Rai, basata tradizionalmente su criteri di spartizione tra Governo, maggioranza parlamentare e opposizione, e, come tale incompatibile con le linee guida del Consiglio d’Europa sulle garanzie di indipendenza delle emittenti di servizio pubblico.”.

E’ un quadro desolante del mondo dell’informazione italiano quello tratteggiato nella ricerca ma con alcuni timidi tratti di speranza: l’informazione in Rete, la blogosfera, i nuovi media digitali e, soprattutto, la società civile che potrebbe fare fronte comune – più di quanto sin qui accaduto – per spingere i decisori a cambiare le regole del gioco ed a garantire, almeno in futuro, il delinearsi di un “sistema media”, più libero, pluralista e accessibile.

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