Cinque anni per il crac Parmalat, quattro per il crac Cirio. Fino a pochi mesi fa Cesare Geronzi era presidente delle Assicurazioni Generali e uno degli uomini più potenti d’Italia. Nel potere finanziario era lui che dava le carte. Poi l’hanno cacciato dalle Generali e hanno cominciato a dargli anni di galera. Per sfogare il rancore dello sconfitto approfitta del Corriere della Sera, giornale di cui ha consacrato più di un direttore, e si concede un’intera pagina d’intervista. Accompagnato dalle domande che non chiedono di Aldo Cazzullo, Geronzi scodella nove-pizzini-nove classificabili come avvertimenti, minacce o vendette.

1) Avvertimento. “La massoneria conta, forse conta molto, ed è spesso segnalata come protagonista di snodi più importanti di settori politici e finanziari”. A una simile affermazione Cazzullo fa seguire solo la sua firma perché lo spazio è terminato. Uno almeno poteva chiedergli “a che cosa si riferisce?” o altre domande curiose benché rispettose. E invece niente. Che cosa vuol dire Geronzi? Denuncia i poteri forti e occulti come un indignado qualsiasi? Forse vuol solo ricordare a chi lo crede sconfitto che lui conosce sempre l’indirizzo di chi conta.

2) Minaccetta. Einfatti, risalendo per le colonne di piombo dell’intervista, ecco un altro speculare avvertimento. Quanto conta oggi il Vaticano nella finanza? “Poco o niente”. E il presidente dello Ior, Ettore Gotti Tedeschi? “E ’ un personaggio ritenuto preparato, che si è particolarmente esercitato nella demografia”. Gli deve stare sulle scatole.

3) Minaccia. L’ex procuratore aggiunto di Roma, Achille Toro, finito nei guai con le inchieste sulla Cricca, l’ha accusato per il crac Cirio. “Un uomo – pennella Geronzi – che poi i fatti hanno dimostrato come e quanto fosse inadeguato”. E qui Cazzullo gli legge nel pensiero e chiede: “Un uomo accusato di essere il terminale giudiziario di un gruppo d’interessi privati. E ’ così?”. Mi hai tolto le parole di bocca, pensa l’ex banchiere, bravo Cazzullo, come hai fatto a indovinare? Poi ci mette il carico: “Di un gruppo di interessi privati, e forse anche di qualche membro istituzionale”. Nell’estasi del linguaggio allusivo, il duo non spiega cosa intenda per “membro istituzionale”, che solo a pensarci uno diventa rosso. Ma Cazzullo lo sa, e chiede: “Quale membro istituzionale?”. Geronzi non risponde. Cazzullo non insiste.

4) Avvertimento. “Cos’è successo davvero alle Generali?”, chiede l’intervistatore. Risponde la sfinge di Marino: “Verrà il momento in cui parlerò della mia vicenda ‘ sine ira ac studio, e non è detto che questo momento sia molto lontano”. Questa è per Nagel di Mediobanca e per Diego Della Valle, gli organizzatori del complottone per farlo fuori. Noi che non c’entriamo attendiamo con curiosità che Geronzi parli, ma senza illuderci che lo faccia.

5) Vendetta. “Fu un errore la guerra a Vincenzo Maranghi?”. (Maranghi era il capo di Medio-banca, Geronzi lo fece fuori e ne prese il posto). Geronzi spiega che Maranghi era un autocrate e stava svendendo Mediobanca ai francesi. Maranghi non può replicare perché è morto.

6) Avvertimento con vendetta. Geronzi rivendica di aver salvato la Fininvest di Berlusconi portando in Borsa Mediaset nel 1996. Silvio se ne ricordi. Enrico Cuccia, boss di Medio-banca, disse a Geronzi che B. non si poteva salvare, perché i suoi bilanci “sono falsi”. Cuccia riteneva di nessuna solidità l’attività televisiva di B. e qui Geronzi si rivolge benevolo a Cazzullo: “Lascio a lei valutare a che punto fosse l’evoluzione del pensiero di Mediobanca”. Cazzullo valuta in silenzio. Anche Cuccia è morto.

7) Minaccetta. “L’idea che io sia stato un banchiere politico è una leggenda metropolitana”. Ma … “Tra i clienti finanziati c’erano, per esempio, il Pci e l’Unità. Dovetti farmi carico dell’operazione di salvataggio dei crediti”. E con chi trattava? “Con D’Alema e Fassino, con cui ho sempre avuto un ottimo rapporto”. E spero di continuare ad averlo, vero ragazzi?

8) Avvertimento. Geronzi ricorda che la fusione tra Capitalia e Unicredit “creò valore per tutti gli azionisti”. Unicredit però, dopo essersi accollata il passato di Geronzi, è andata a fondo, e Alessandro Profumo si è fatto cacciare. Però sa tutto e Geronzi gli manda un saluto affettuoso: “Profumo è un banchiere eccellente, che conosce a fondo il proprio mestiere”. Alessandro, non facciamo scherzi.

9) Vendetta. Tremonti, che lo ha aiutato a essere cacciato dalle Generali, adesso è a spasso anche lui. E ’ il momento del rancore, che sul perdente fa fine e non impegna: “E ’ definito da tutti intelligente, geniale. Uomo dunque capace di tutto. Per questo, meno adatto a gestire istituzioni pubbliche”. Ciao Giulio.

Il Fatto Quotidiano, 1o dicembre 2011

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