È più di un reportage: è una consacrazione. È più di una storia da copertina: è un’incoronazione. Per Time, lo storico settimanale Usa, l’amministratore delegato di Fiat-Chrysler Sergio Marchionne è “un eroe cult” degli americani, esattamente come il patron della Apple recentemente scomparso, Steve Jobs. A vergare il lungo articolo sul manager in maglioncino è il giornalista Bill Saporito. Il suo articolo finisce in prima pagina in tutte le edizioni del magazine, che però sceglie per l’edizione americana un titolo vago incorniciato da auto pronte per il concessionario: “Come l’America ha ricominciato a rivendere automobili”; e nelle edizioni per l’Europa e l’Asia, un titolo più a effetto: “Car Star”, la star dell’auto, accompagnato da un Marchionne alla guida di una 500. “Prima Sergio Marchionne ha sistemato la Fiat. Poi ha risollevato la Chriysler. E non ha ancora finito” recita il sommario, sempre in prima pagina (notare per il verbo “sistemare” viene usato il corrispettivo “fix”, già utilizzato come simpatico acronimo per le Fiat negli anni 80: “Fix it again Tony”, aggiustala ancora Tony). Il Time evidenzia che “Chrysler si sta rivelando sempre più vitale nella strategia Fiat. Infatti sono poche le case automobilistiche rimaste perché è troppo difficile competere con giganti come Renault-Nissan, Volkswagen, GM e Toyota”.

Vengono citati i dati su-Chrysler: il gruppo perdeva un miliardo al mese nel 2009, adesso i suoi profitti operativi sono di 5 miliardi, le vendite sono cresciute a novembre del 45 per cento grazie soprattutto alla Jeep Grand Cherokeee e al Pickup Ram. Non mancano gli aneddoti: dal pranzo a Ginevra nel 2004 con John Elkann, durante il quale dopo “to many grappas” arriva il sì al nuovo incaricato, a un intervento, appunto, alla Steve Jobs. Lo scorso inverno è quasi pronto lo spot con Eminem da mandare in onda durante la finale del Super Bowl, Marchionne “lo rivede quando è ormai praticamente ultimato e decide di cambiarlo. I due minuti del video – costati 9 milioni di euro – vanno dedicati unicamente a un modello: la rivisitata Chrysler 200”.

“Grande ammiratore della Apple, Marchionne sembra avere lo stesso dono di Steve Jobs, la capacità di una focalizzazione assoluta” è la chiosa. Eppure se tanto entusiasmo al di là dell’Atlantico sembra appoggiarsi sui numeri, poche e vaghe informazioni dedica Time alla situazione di Fiat in Italia. Niente viene detto sulle vendite, anche se i marchi della casa torinese sono in calo dell’ 1, 7 per cento nell’ultimo anno. Niente su modelli – che ancora non ci sono – in grado di innovare e imporsi sul mercato. Niente su Fabbrica Italia, i venti miliardi di investimento promessi ma senza nessun dettaglio che possa dare sostanza alla vision. Ma Time non è solo. Anche Fortune online ha tessuto le lodi di Marchonne che “fa prevalere il merito sul rango, l’eccellenza sulla mediocrità, la competitività sul campanilismo e la responsabilità sulle promesse”. Eppure in Italia molti – a partire dai lavoratori – ancora aspettano uno Steve Jobs dell’auto. Possono essere solo quindici minuti di pausa a dividere Torino da Cupertino?

da Il Fatto Quotidiano del 10 dicembre 2011

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