Far finta di nulla, non commentare, lasciare che il tempo faccia il suo corso. Nel sud del Lazio, in quella terra di mezzo compresa tra il Garigliano e Latina, la strategia della politica locale – con forti legami con i palazzi romani – nei confronti delle mafie in fondo è sempre stata questa. Dopo l’operazione della Dda di Napoli che ha dimostrato come il gruppo dei Bardellino – arroccati dalla fine degli anni ’80 a Formia – sia vivo e operativo, quella rete gelatinosa di contatti e di convivenze politiche prosegue senza sosta. L’importante è non dare nell’occhio, evitare i clamori, mantenere il profilo basso.

Vincenzo Zottola, ufficialmente è una delle vittime della famiglia storica dei Casalesi: il complesso Aeneas utilizzato come zona franca dagli esponenti dei Casalesi appartiene alla sua famiglia. E’ un hotel ristorante sulla costa del sud pontino, con annessa discoteca, che, per i magistrati della Dda di Napoli era divenuto un vero pied-à-terre dei Casalesi.

Zottola è anche il presidente della Camera di Commercio di Latina. Ha un ruolo di primo piano nell’economia locale, a iniziare, ad esempio, dal mercato ortofrutticolo di Fondi, dove l’istituzione ha una quota societaria. E non è un ufficio qualunque: nelle Camere di Commercio sono mantenute e analizzate tutte le informazioni sull’economia locale. Un’antenna, una postazione che dovrebbe vigilare sui capitali sospetti.

Ed ecco quello che scrive il Gip di Napoli, chiedendo l’arresto dei due figli di Ernesto Bardellino, Angelo e Calisto: “Le intercettazioni telefoniche hanno consentito di accertare che esiste un rapporto di autentica soggezione dei proprietari/gestori del complesso turistico – Zottola ed i suoi collaboratori – rispetto a Bardellino Calisto e Iovine Carmine”. Vincenzo Zottola quando Calisto Bardellino chiamava per lamentarsi su qualcosa che a suo dire non funzionava nel complesso turistico Aeneas di Gaeta, era pronto a scusarsi. Ingressi omaggio nella discoteca per tutti gli amici della famiglia legata ai Casalesi, tavoli gratis, parcheggi prioritari. Non c’era desiderio dei Bardellino che Zottola non esaudisse. “Rapporto di sudditanza e asservimento”, spiegano i magistrati nell’ordinanza di custodia cautelare che ha colpito i Bardellino e Carmine Iovine. In fondo il presidente della Camera di Commercio sapeva bene con chi avesse a che fare: un vero esempio per l’imprenditoria locale.

Dopo gli arresti di quei suoi clienti particolarmente esigenti, Vincenzo Zottola continua ad occupare il posto chiave nella Camera di Commercio di Latina. Anzi, si prepara ad un incontro particolarmente delicato a Fondi, previsto per i prossimi giorni. E’ un convegno che dovrà rilanciare il turismo nel Parco degli Aurunci, zona di pregio a pochi chilometri dalla provincia di Caserta. Come rappresentante delle Camera di Commercio sederà sullo stesso tavolo con gli assessori regionali all’Ambiente Marco Mattei e al Turismo Stefano Zappalà.

Continuano senza nessun problema al loro posto anche i politici che hanno avuto stretti legami con la famiglia Bardellino, a iniziare con i due figli arrestati. In una informativa del 2004 del commissariato di Formia viene ricostruito il rapporto tra l’attuale assessore provinciale allo sviluppo economico Silvio D’Arco – all’epoca indagato, poi prosciolto dalla Procura di Latina – con uno degli arrestati nell’ultima operazione della Dda di Napoli: “Il responsabile del partito politico nuovo P.S.I., Silvio D’Arco, si rivolge al Bardellino Angelo ritenuto personaggio capace di seguito elettorale affinché appoggi e raccolga voti per il candidato Faticoni Maurizio”. Circostanza mai smentita, ritenuta però non sufficiente dai magistrati per proseguire, all’epoca, le indagini. Tra le deleghe detenute oggi dall’esponente politico, al suo secondo mandato con la giunta di Armando Cusani, Pdl, c’è anche quella di “lotta all’usura”, che nella provincia di Latina è storicamente controllata da potenti organizzazioni criminali.

“La mia amicizia con Calisto Bardellino risale a tantissimi anni fa, e sono orgoglioso di venire ricambiato in modo ampiamente fraterno”, scriveva in una lettera al quotidiano Latina Oggi nel 2008 il consigliere comunale di Formia Antonio “Totò” Calvano, Pdl. Nel 2004 la Polizia di Formia aveva intercettato una conversazione di Ernesto Bardellino, dove il capostipite della famiglia diceva di raccogliere i voti per “Totò”. Il suo nome appare poi per la seconda volta nelle ultime indagini della Dda di Napoli: la sua amicizia lo portava a girare in Porche insieme ad Angelo Bardellino sulle strade della provincia di Latina.

Formia, dove la famiglia originaria di San Cipriano d’Aversa si rifugiò dopo lo scontro con gli Schiavone del 1989, è divenuta – secondo i magistrati – un vero avamposto per i Casalesi. Racconta il collaboratore di giustizia Raffaele Piccolo, in una testimonianza riportata nell’ordinanza di custodia cautelate nei confronti di Angelo e Calisto Bardellino: “Angelo Bardellino aveva molte influenze sul comune di Formia, nel senso che riusciva ad avere l’attribuzione degli appalti pubblici a favore delle ditte a lui riconducibili”. Dichiarazioni pesanti, per ora non riscontrate, che raccontano di quel sistema gelatinoso di rapporti tra criminalità, politica ed economia nel sud del Lazio.

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