L'aula del consiglio regionale della Lombardia

L’indennità dei consiglieri regionali della Lombardia è calcolata sulla base di quella corrisposta ai parlamentari. Ecco perché la riduzione del 10 per cento votata lunedì dal Consiglio regionale avrebbe dovuto aggiungersi a quella imposta a deputati e senatori dalla cosiddetta Manovra Bis lo scorso settembre. Niente da fare. Il taglio votato in Lombardia si applica allo stipendio parlamentare del 2010, annullando di fatto la riforma parlamentare.

Con la legge 148 del 14 settembre scorso, quella ribattezzata Manovra Bis, il governo Berlusconi ha tagliato del dieci per cento le indennità di deputati e senatori. In vigore dal primo di ottobre, il provvedimento modifica in modo automatico anche le indennità regionali che, come quelle lombarde, sono legate agli stipendi degli onorevoli. E se da lunedì 5 dicembre il Pirellone può vantare una legge sul taglio ai costi della politica, la riduzione del 10 per cento dell’indennità consiliare inserita nella riforma regionale avrebbe dovuto sommarsi agli effetti di quella nazionale. Insomma, una riduzione del venti per cento. Probabilmente troppo per chi guadagna 9mila euro netti al mese. Meglio metterci una pezza.

La legge regionale che stabilisce il trattamento indennitario dei consiglieri è stata sì modificata con il voto di lunedì sera, ma la riduzione del dieci per cento sarà calcolata in base alla “indennità spettante ai membri del parlamento alla data del 31 dicembre 2010“, quando i tagli della Manovra Bis erano ancora lontani. “La nostra legge non elimina il taglio del governo”, si giustifica il consigliere Paolo Valentini del Pdl, “semplicemente lo ricomprende”. Secondo Valentini, che della nuova legge regionale è stato relatore, la riduzione operata in Lombardia in realtà supera il dieci per cento. “Non c’è solo il taglio all’indennità di funzione”, spiega, “è stata eliminata anche l’indennità di missione, equivalente a 11 viaggi aerei Milano-Roma. Il segnale lo abbiamo dato”.

“Quando il rischio è quello di non portare a casa niente”, commenta il Pd Maurizio Martina, “è meglio sapersi accontentare”. Secondo Martina, infatti, l’opposizione avrebbe deciso di attenersi alla data proposta dal relatore del Pdl per non compromettere tutto il lavoro. “Un risultato che non definisco certo rivoluzionario”, aggiunge, “ma che riduce la spesa per i consiglieri di un milione di euro, toccando anche la loro diaria”. La pensa così anche Stefano Zamponi dell’Idv: “Abbiamo dovuto piegarci alla maggioranza per salvare il progetto di legge”. Un progetto che, oltre al provvedimento sull’indennità, elimina vitalizi e trattamento di fine mandato dalla prossima legislatura. E al quale le opposizioni avrebbero voluto aggiungere qualcosa in più. Ma gli emendamenti proposti da Pd, Idv e Sel sull’innalzamento dell’età pensionabile a 65 anni anche per i consiglieri, sul contributo del 10 per cento da chiedere agli ex che già percepiscono il vitalizio e sul divieto di cumulabilità delle rendite pubbliche, sono stati tutti respinti dalla maggioranza. Una legge azzoppata già in partenza? Forse. Tra i progetti di legge che hanno portato al testo votato dal Consiglio, quello proposto dal Pdl vedeva tra i relatori anche Franco Nicoli Cristiani, il vicepresidente dell’assemblea regionale lombarda appena arrestato per presunte mazzette.

Articolo Precedente

Il Governo dice no all’accordo con la Svizzera
La lotta all’evasione fiscale si ferma al confine

next
Articolo Successivo

Partito di lotta o di governo?
Nel Pd si litiga sullo sciopero

next